venerdì, ottobre 31, 2003

Sarà un motivo di cortesia culturale o neurologica (leggi: alzheimer) a spingere la signora filippina che fa le pulizie qui in ufficio a chiedermi puntualmente mentre le riverso mozziconi arretrati di tre giorni nel sacco dei rifiuti: "non c'è oggi l'altra ragazza?" (più o meno, limando un poco la fonetica). E io: "no, il venerd? non lavora".
Forse semplicemente non sopporta il rumore secco dei mozziconi che precipitano in quel buco nero, nel fotogramma in cui aspetto tacitamente deferente che la polvere di cenere si posi su galassie di vera spazzatura.
(Qui cedo a una concezione cosmologica di lirica nettezza)

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giovedì, ottobre 30, 2003

Adoro quest'uomo quando pronostica futurisemplici adorabili.

"Suggerimenti per il costume di Halloween: un puzzle, una nuvola maestosa, una maschera messa sopra un'altra."

Peccato che non abbia nessuna intenzione di festeggiare Halloween. E per giunta, se lo dovessi fare penso che la fatidica scelta di un travestimento comme il faut, sarebbe risolta con una delibera metonimica: una zucca vuota - e senza (bar)lumini.

Ma perchè oggi ho questo disastroso mood Pessimismo&Fastidio? E sì che hanno finalmente pestato Giletti.



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mercoledì, ottobre 29, 2003

Zwischenraum*
Poi presi l'auto e mi avviai verso la città; e pensavo a quanto era stato bello parlare - anche se alla fine lui si era rivelato un impostore - per un po'. Parlare, parlare sul serio anche solo per un pochino.
[Jim Thompson, L'assassino che è in me]

Curioso (oppure no?) che la conversazione con una persona mi suggerisca di annotare concetti antitetici dai libri e di trovarmi verosimilmente partecipe di ciascuno.
Ribatto, ma con poca energia, che ciò che mi rende incline a questo atteggiamento ambiguo verso la comunicazione sia la curva di un'oscillazione emozionale piuttosto che la diagnosi di un disturbo di personalità. Anche se il fatto di sentire il bisogno di ribattere a qualcosa che io stessa ho inferito fa scattare un'orchestra di campanelli - ma parliamo pure di trombe bitonali - d'allarme.

Sarebbe utile conoscere la sostanza della congiunzione, il dettaglio che annoda gli elementi discreti, collante fatuo: ciò che non ammette ripari è il desiderio di sostituire ai vuoti interstiziali la pienezza di un significato, di provare sollievo lustrando patine di senso.


* (fra gli intraducibili di Rheingold): the space between things [...] the importance of negative space [...] the eloquence of that which is not painted

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mercoledì, ottobre 22, 2003

Bah. Vorrà dire che metterò il cappello abbinato inequivocabilmente. Anzi farò di più: la gonna lunga verdemilitare, la maglia nera e la scarpina bassa classificati da un amico in altri tempi come puro "realismo socialista", dopo un corso all'ATM's Studio saranno la divisa delle mie performance di neorealismo socialista. Sarò obliterattrice.

 

obliterattrice, s.f., chi recita la parte di un personaggio sanzionatore in uno spettacolo itinerante - da un capolinea all'altro. Nel caso indossi un ridicolo copricapo, assume anche il ruolo di capocomico

 


obliterattrice by bruno + frammento

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martedì, ottobre 21, 2003

Fa freddo e il vento impietoso riesce a raccogliere i miei capelli, pur tutta cortezza, in un complicatissimo chignon risolvibile solo algebricamente. Essendo sempre stata scarsa in matematica, decido di procurarmi un cappello. Un cappello: niente di eccentrico, si tratta di capelli al vento non di candle in the wind.
Dopo aver suscitato l'ilarità di un ambulante, approdo in un negozietto che promette una gran varietà. E infatti, persuasa da un'osservazione sull'aspetto vagamente sovietico che sembro assumere - nelle intenzioni voleva essere un commento dissuasivo - scelgo il mio accessorio.
Arrivo a casa e mio fratello mi chiede se ho perso per strada la Stella Rossa.
Io sorrido soddisfatta.
Il suo amico di destra ma di destra mette le dita a croce e cerca l'uscita sul retro (che ovviamente non esiste).
Io gongolo.
Salgo sulla macchina di un'amica e mi chiede se sia il caso di citare "Il portiere di notte".
Io vacillo, ma è solo un momento [dopotutto è colei che è riuscita a raccontarmi un film in un viaggio di due ore. voglio dire, TUTTO un film, probabilmente director's cut. è una psicosi]
La sera ci si vede con degli amici che plaudono al risultato anche se probabilmente per cortesia.
Io mi accomodo appagata.
Ma poi arriva il lunedì mattina e ritorno in ufficio. Appena messo piede nella Stanza Verde, il collega dissolve in un attimo ogni mio autocompiacimento apostrofandomi con il commento definitivo: "Tiggi, hai vinto un concorso come controllore?".
Non mi resta che gettare desolatamente il cappello sull'appendiabiti. Naturalmente non lo centro.

In effetti dopo questa rivelazione ho notato che tutti si palpavano le giacche quando entravo in metrò - le giacche dico, non stiamo parlando della versione Rampling - con una certa apprensione. Ma non ho saputo approfittare di questo improvviso potere. Ho chiarito subito: "Tranquilli! Non sono in servizio".

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lunedì, ottobre 20, 2003

Ieri abbiamo presenziato all'asta organizzata al Teatro della Cooperativa per la Sherlockiana, in cui amici e clienti mettevano a disposizione alcuni pezzi introvabili o semplici oggetti di valore affettivo per salvare la libreria. Io ed a. abbiamo trovato i nostri posticini in una fila nel fondo della sala e abbiamo seguito la manifestazione da spettatori ulcerosi, estraendo di tanto in tanto il portafogli per sincerarci della sua inadeguatezza (comprovata, n.d.b.). Cose rare come un vinile gucciniano originale autografato (Due anni dopo) o un'edizione praticamente unica di "The killer beside me" di Jim Thompson o una foto di Ungaretti davanti all'allunaggio del '69. Cose meno rare come l'egolalia di Pinketts condita di protagonismo etilico.
Sapevamo perfettamente che non avremmo potuto partecipare come compratori - il nostro sostegno sarà centellinato in libreria, come ci è più consono e come ci è concesso - ma dalle nostre postazioni laterali ci attribuivamo investiture letterarie; io ad esempio mi gingillavo con l'immagine di un Lucas Corso e della ragazza coi jeans. Credo che a. fosse piccato pensando che mi gingillassi con l'immagine di Johnny Depp, ma a torto, "La nona porta" è una tale nullità cinematografica che annichilisce persino l'indubbio fascino deppesco (confesso che però non avrei protestato nel vedermi tramutata in Emmanuelle Seigner).
Ad ogni modo, l'asta si è svolta all'insegna di una calorosa e incompetente improvvisazione e la poca formalità ha reso l'evento ancora più gradevole: i giallisti intervenuti si sono alternati come compratori in platea e come banditori e venditori sul palco, dove l'aneddotica sugli oggetti messi a disposizione avrebbe potuto fare sceneggiatura per una comédie bibliomane.

Nota serendipica: domenica scorsa, tu, giallista milanese dalla mise perennemente noir, mi hai ceduto elegantemente il posto alla cassa per pagare la mia presa di coscienza oblomoviana, partecipando allo scambio d'opinioni con la cassiera con un sorriso. E io non t'ho riconosciuto. Pensare che m'hai fornito la mia personale Laura Palmer - una fisionomia che non dimentico, un volto nel tuo libro. Stavo quasi per comprare il tuo pezzo all'asta per autoflagellarmi.

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mercoledì, ottobre 15, 2003

la storia della donna sub
[zop la iniziò...]

prima parte

Questo della donna sub è un racconto a finali stratificati.

Il lettore può tuffarsi nel racconto come nel mare e decidere di immergersi fino in fondo, se mai è possibile arrivare in fondo, o tornare a riva dopo appena qualche bracciata.
Chi decidesse di inabissarsi sappia che lo può fare tranquillamente e che potrà riemergere in ogni momento senza fatica. La lunghezza, o la durata, di questa storia la decide lo spettatore, o forse meglio, il partecipante.

Dunque, lettore, quando deciderai che sei stanco di leggere, oppure se ti suoneranno alla porta e dovrai improvvisamente interrompere la tua lettura, non devi far altro che dirigerti verso il finale più vicino. Perché percorrere questa storia è come percorrere un’autostrada. Puoi continuare fino alla fine o imboccare una qualsiasi delle uscite che incontrerai, per farla finita, per intraprendere un’altra strada, o per continuare tu stesso questa narrazione come più ti piace.
Quando deciderai di uscire, la tua lettura si concluderà senza tuttavia doverla interrompere a metà. Non correrai il rischio che una volta interrotta non avrai forse più il tempo di riprenderla.

La storia che stai per leggere si ispira alle famose imprese della donna sub, da cui prende il titolo.

Il racconto potrebbe anche finire qui, per i più frettolosi.

FINE

Mentre per gli altri che fossero interessati c’è sempre la possibilità di approfondire



***

Questa è una storia da scrivere oltre che da leggere. Se ti è piaciuta falla germogliare, continuala, contaminala, riscrivila! Scegli un punto in cui inserire la tua continuazione, magari proprio questo, e continuala in poche righe in modo che abbia sempre un finale possibile, ma anche un link che riporti il lettore al capitolo successivo. Per inviare le tue continuazioni: http://zop.splinder.it.


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martedì, ottobre 14, 2003

Dalla Russia con torpore.
"Chiamatemi Oblomov. Alcuni giorni fa - avendo poche o nessuna certezza in testa e nulla di particolare che mi riguardasse in ufficio, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte blog del mondo/ "
No, volevo dire, ieri sera ho visto il film di Mikhalkov, Oblomov, recuperato qualche giorno fa dopo una spossante sessione di vaglio cinematografico sympathy for the idle: cercavo qualche altro inetto con cui fraternizzare. Io sono portata naturalmente a consegnare a creature libresche, cinematografiche, artistiche la definizione della mia sensibilità per farmene curare o per far(me)ne ragione, ma credo sia abbastanza comune sceglierle per assecondare l'umore: a volte si prende l'impegno di non distrarsi dalla propria sofferenza.
E se alle prime battute di questo film non poteva avvenire il transfert terapeutico perchè l'accidia oblomoviana era eccessiva anche per i miei rimarchevoli standard, nel procedere del film ho provato l'inevitabile empatia verso l'amor d'ozio ingenuo e ostinato di questo paladino.
Potrei rispondere alla più oziosa fra le domande dicendo che dopotutto sono opinabili le motivazioni di chi si affanna e avanza, di chi si affanna per avanzare. Pernicioso e dolce è invece l'assopimento senza sonno, il pellegrinaggio immobile di desideri verso la vita vera premiato con l'indulgenza di coscienza concessa da un sonoro sbadiglio.

[Questa giustificazione letteraria all'astenia mi sembra più originale della mia insonnia storica. La adotto]

Venedikt Erofeev, "Tra Moska e Petuški":
"Convieni Venicka, almeno in questo: che la tua anima è più capiente della tua mente. Ma a che ti serve poi la mente se hai già la coscienza e oltre a quella pure il gusto? coscienza e gusto sono già così tanto che il cervello diventa del tutto superfluo.
Ma quand'è stata la prima volta che ti sei reso conto di essere idiota, Venichka?"
"Facile. Quando mi sono visto rivolgere contemoporaneamente due rimproveri di natura diametralmente opposta: di essere noioso e frivolo. Perchè se un uomo è intelligente e noioso non si abbasserà alla frivolezza. Se invece è intelligente e frivolo non si permetterà di essere noioso. Mentre io, caprone, sono riuscito, guarda un po' a conciliare tutto".



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lunedì, ottobre 13, 2003

Dice Dalí, nel suo "Diario di un genio" - che per evidenti motivi non ho letto per immedesimazione:

Le feste del nostro tempo saranno le apoteosi liriche della cibernetica orgogliosa, umiliata e cornificata, perchè solo la cibernetica potrà adempiere alla santa continuità della tradizione vivente delle feste. Infatti, nel momento algido del Rinascimento, la festa attualizzava i piaceri esistenziali quasi istantanei e parossistici di tutte le strutture morali dell'informazione: snobismi, spionaggi, controspionaggi, machiavellismi, liturgie, cornificazioni estetiche, gesuitismi gastronomici, malesseri feudali e lillipuziani, competizioni fra fiacchi cretini...
Oggi, soltanto la cibernetica con la potenzialità suprema della teoria dell'informazione potrà istantaneamente rendere cornuti su dei nuovi soggetti statistici tutti i partecipanti alla festa, e di colpo, tutti gli snob, poiché, come diceva il conte Etienne de Beaumont: "Si danno delle feste soltanto per quelli che non si invitano".


Talvolta si ha l'impressione di non invitare se stessi a questi banchetti e tuttavia di allestirli per sè soli.
E' quando la scrittura, corruttrice, ci si srotola a fianco e ci eclissa in un fumo di compattezza mendace - per me un fragment Particular, senza particolari qualità - e gremisce lo spazio e fa scolorare.
Dovrebbe essere il momento di essere completamente sinceri con se stessi, di disarmarsi del proprio vizio difensivo e traslitterare il proprio potenziale offensivo con un alfabeto contundente.
E invece si finisce sempre per rimediare all'assedio con l'indice posato sulla bocca sibillina stupita e istupidita, nonpossoparlare, avvertire la necessità di dire e allo stesso tempo essere privi di argomenti di cui voler dire, quello che più aborro e quello che più spesso invidio, parlare senza argomenti, parler pour parler.
Quest'indice sarebbe da utilizzare come uno stilo per incidere sul proprio cuore o sul cervello - a sapere qual è il criminale - l'invito a non partecipare. E soltanto per quelli scrivere.

Al fin della licenza, io non perdono...?

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mercoledì, ottobre 08, 2003

La wordoftheday del 6 ottobre, è ancora una volta oracolare a proposito di ciò di cui al più presto dovrei munirmi:

sextant (SEK-stuhnt) noun
A navigational instrument having a 60-degree arc, for measuring altitudes of stars and planets.

Eloquente. Come il professore di cultura giapponese ieri che, parlando di pratiche buddhiste, sulla frase "l'Illuminazione che non arriva" si è attaccato all'interruttore per assicurarcene una al neon (sic).


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martedì, ottobre 07, 2003

Ho visto il nuovo libro di Marías, mi sono ripromessa di imparare ad aspettare. Ho pensato non devo sfogliarlo, ho già in mano due libri, giro come una bestia famelica intorno al tavolo, con passi lenti trascinati solco un perimetro di predazione con ossessività selvatica, accarezzando ostentatamente titoli che disprezzo, passando l'indice sulle loro lettere in rilievo; ma assaporo quel tratto inconfondibile, la forma del tempo dilatata esangue, l'istante che non si arresta sulla soglia, che non si compie a un margine - il punto, l'estremo della frase che sancisce e dispensa o attende conseguenze. La frase che inchioda, la frase che imbocca. Non devo sfogliarlo,

[...] chi parlava parlava come se non vi fosse futuro al di là di quella notte o di quel giorno e la sua lingua sciolta dovesse morire con loro, ignorando che c'è sempre altro che deve venire, rimane sempre, un po' di più, un minuto, la lancia, un secondo, la febbre e un altro secondo, il sonno - la lancia, la febbre, il mio dolore e la parola, il sonno -, e anche l'interminabile tempo che neppure esita né rallenta il passo dopo il nostro compimento

[...] Tacere, tacere è la grande aspirazione che nessuno compie nemmeno dopo morto [...]
No, io non dovrei raccontare né ascoltare niente, perchè non sarà mai nelle mie capacità evitare che si ripeta o si aggravi contro di me, per perdermi, o ancora peggio, che si ripeta o si aggravi contro coloro che io amo, per condannarli


da: Javier Marías, Il tuo volto domani


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giovedì, ottobre 02, 2003

frammento di collezione
ovvero un pezzo da collezione della mia collezione da un unico pezzo.
La mia giacca oggi prende lustro da un accessorio smagliante che mi dicono - poiché la mia ignoranza in materia, come il pezzo, è unica - possa causare una reminiscente dispersione di saliva in alcuni estimatori.
E allora invidiatemi un po', ho una spilletta della mionomeh Records.

Che all'annuncio della sua fine, leggo, dichiarò (in rosso):

didn't YOU ever want to create something beautiful and pure
just so that one day you could set it on fire
and then watch the city light up as it burned?


già, poi [affermazione] perchè durare è meglio che bruciare?

Nothing should be forever.
Habit and fear of change are the worst reasons for ever doing ANYTHING
.

mi viene da credere che dire di voler cambiare sia la più dolosa prospettiva di perpetuità

We want to burn in bright colours and go pop,
to be giddy, impulsive and silly,
to kiss people in new places -
EXQUISITELY
- and dare to tear things apart


e grazie a chi rinnova - anche - ciò che ascolto

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