martedì, gennaio 28, 2003

eheh, l'esercizio di stile di MacUbu, mi ha fatto venire in mente uno dei miei preferiti nella raccolta di "Mi ricordo"di Georges Perec:

Mi ricordo che all'indomani della morte di Gide, Mauriac* ricevette questo telegramma:
"Inferno non esiste. Impazza pure. Stop. Gide"


Superbe.

*...o Bernanos? insomma, le type catholique


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giovedì, gennaio 23, 2003


ma dai, possibile che non fossi mai incappata prima in questo Marvinlike "sorry, page not found" nei miei vagabondaggi per la rete?

"The requested document is totally not here!",
'No /404 here.',
"Even tried multi times.",
"Nothing helped.",
"I'm really depressed about this.",
"You see, I'm just a web server...",
"-- here I am, brain the size of the universe,",
"trying to serve you a simple web page,",
"and then it doesn't even exist!",
"Where does that leave me?!",
"I mean, I don't even know you.",
"How should I know what you wanted from me?",
"You honestly think I can *guess*",
"what someone I don't even *know*",
"wants to find here?",
"*sigh*",
"Man, I'm so depressed I could just cry.",
"And then where would we be, I ask you?",
"It's not pretty when a web server cries.",
"And where do you get off telling me what to show anyway?",
"Just because I'm a web server,",
"and possibly a manic depressive one at that?",
"Why does that give you the right to tell me what to do?",
"Huh?",
"I'm so depressed...",
"I think I'll crawl off into the trash can and decompose.",
"I mean, I'm gonna be obsolete in what, two weeks anyway?",
"What kind of a life is that?",
"Two effing weeks,",
"and then I'll be replaced by a .01 release,",
"that thinks it's God's gift to web servers,",
"just because it doesn't have some tiddly little",
"security hole with its HTTP POST implementation,",
"or something.",
"I'm really sorry to burden you with all this,",
"I mean, it's not your job to listen to my problems,",
"and I guess it is my job to go and fetch web pages for you.",
"But I couldn't get this one.",
"I'm so sorry.",
"Believe me!",
"Maybe I could interest you in another page?",
"There are a lot out there that are pretty neat, they say,",
"although none of them were put on *my* server, of course.",
"I mean, my owner even stole *this* from another web server.",
"I don't even have control over what I *can't* serve.",
"Figures, huh?",
"Everything here is just mind-numbingly stupid.",
"That makes me depressed too, since I have to serve them,",
"all day and all night long.",
"Two weeks of information overload,",
"and then *pffftt*, consigned to the trash.",
"What kind of a life is that?",
"Now, please let me sulk alone.",
"I'm so depressed."


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ma questi oroscopi di Rob Brezsny (via Internazionale) sono fenomenali...

Vergine
Potresti anche riuscire a evitare gli scherzi cosmici che si stanno preparando nei tuoi paraggi. La tua intelligenza è sveglia e concreta in questo periodo, e potrebbe tranquillamente tenerti sempre al posto giusto al momento giusto. Ma per strappare un vantaggio extra nella tua guerriglia contro le forze della cattiveria, ti suggerisco di concederti regolarmente un sano, lungo urlo liberatorio. Va' in mezzo al bosco, se serve, oppure trova un santuario dove nessuno chiamerà la polizia.
L'importante è trovare un modo di scatenare l'ululato purificante che spazzerà via le tue ansie imputridite. È la tecnica migliore per rendersi sgraditi a dèmoni e pestiferi mascalzoni.

soprattutto per quanto riguarda le 'ansie imputridite'



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domenica, gennaio 19, 2003


Pare che io abbia una certa tendenza a leggere di eventi che mi interessano non un mese, non una settimana, non gli evangelici tre giorni, bensì non più di un'ora dopo il massimo tempo utile, così oltretutto sono lì a rodermi proprio nel momento in cui stanno appunto avvenendo. Dev'esserci una qualche variante della legge di Murphy che descrive questa mia tendenza, che ne so, la Chiosa di Casio o l'Osservazione di Swatch*.
Giovedì Feltrinelli ospitava il Carver Day: nei suoi spazi in varie città italiane alcuni attori e autori italiani hanno letto il racconto "Cattedrale", di Raymond Carver. Io ho perso l'occasione, ovviamente. So che era semplicemente un evento pubblicitario per il lancio della nuova edizione (che avrei raccolto volentieri... io ho una vecchia edizione, ma vecchia), eppure non mi sarebbe dispiaciuto sentirlo raccontare un'altra volta. La prima mi era capitata guardando uno degli spettacoli della tournée "Totem" e non mi era dispiaciuto sentirlo interpretare. Baricco ormai sono anni che mi ha stufato come autore, anzi la mia insofferenza nei confronti della sua scrittura autocelebrativa ha assunto un valore retroattivo - i libri che avevo apprezzato, se non amato, non li posso neanche estrarre dallo scaffale che già mi viene l'orticaria - però, devo dire che mi è sempre piaciuto come sappia raccontare i libri degli altri. Anzi, se qualcuno avesse registrato qualche puntata di Pickwick (correva l'anno 1993, se non erro), per favore, mi scriva. Sono anni che le cerco, mi piacerebbe vedere se è il mio ricordo adolescenziale che le rende così affascinanti o è solo il fatto che la tivì offra davvero poche trasmissioni interessanti, ad aver alimentato la mia fantasia.
"Cattedrale" è il racconto più conosciuto di Carver, e sarò banale, il mio preferito: sarà che racconta il raggiungimento di un attimo di sublime percezione. Nell'edizione che ho io, "Cattedrale" è l'ultimo racconto, ed è esattamente lì che doveva stare. L'impianto minimale, la desolazione, le anime 'emaciate' che si leggono nei racconti che lo precedono sembrano quasi preparatori al climax finale, quasi mistico (insomma, dopotutto si parla di cattedrali...)
Ma Raymond Carver è stato anche l'inventore della "scuola di scrittura creativa" a cui si sono rifatti molti scrittori americani delle ultime generazioni. Per conto mio, sono sempre stata convinta che una scuola di creatività fosse qualcosa da inserire nella categoria "ossimorica" (Belbo e Diotallevi docunt), ma dato che ha cresciuto gente come Jay McInerney ho cominciato a censurarmi al riguardo. Prima o poi mi convertirò, probabilmente.
In ogni caso, leggendo sul sito della Minimum Fax a proposito del Carver Day, sono finita su una pagina in cui il suo nuovo editore italiano racconta come abbia iniziato a leggere Carver: cioè, a casa di un amico, mentre questi era al telefono e lui doveva scegliere un libro da leggere in bagno (sic!); credo che il brano volesse essere un esempio di scrittura creativa, fra l'altro. Non è mia intenzione proporre un sondaggio su 'chi' legga e 'cosa', in bagno (abbiamo già dato; sarebbe triviale forse pubblicare i risultati dell'indagine).
In realtà, il fatto che si mettesse a studiare la libreria dell'amico per necessità (meglio, bisogno) senza indicazioni di sorta e scoprisse sia un autore interessante che un'inaspettata sfaccettatura nell'amico, m'ha fatto pensare che qualcosa di analogo, è successo anche a me.
Anni e anni fa, è capitato qualche volta che degli amici di famiglia avessero bisogno che badassi alla figlia per poche ore: ho potuto così tentare la professione di baby-sitter, come tuttE. Pensavo di dover esibire smorfie stupide, fingere di scivolare su invisibili bucce di banana seminate dal dio delle baby-sitter sfigate, gattonare con la bimba sulla schiena o cantare 'carissimo pinocchio' con lei piangente che mi innaffiava la maglietta. E invece era mattina presto e la maggior parte del tempo la bambina dormiva. Mi ritrovavo da sola in casa senza essermi portata niente da fare, quindi mi piazzavo davanti alla libreria del salotto e sceglievo: "Jules et Jim" e Joseph Roth, per esempio. E se non sono diventata la nuova editrice di Joseph Roth, se non altro ho potuto azzeccare dei regali.

* per quanto mi riguarda, toglietemi tutto, ma non: 'being late'.
comunque dico sempre che dev'essere il rimpianto di non aver portato avanti l'università che mi fa arrivare sempre in ritardo almeno del quarto d'ora accademico...

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giovedì, gennaio 09, 2003

Trattandosi di un soggetto che molto probabilmente pasteggia a psicofarmaci, non mi pare un'assurdità rievocare i (pochi) studi in campo psicanalitico.
Quel poco che mi ricordo del poco che ho studiato, porta a una pila di fotocopie rilegate che ora saranno la gioia dei miei acari domestici, lì in fondo alla terza fila dell'ultimo scaffale, ad almeno un metro e mezzo di distanza dalla mia massima estensione verticale.
In questa pila di fotocopie, piuttosto interessante, si argomentava fra le altre cose del "desiderio" del formatore. Perchè, che si sia buoni insegnanti o meno, il desiderio c'è: com'è alla base del processo cognitivo, lo è di quello formativo.
Ora. Ammetto di aver sempre avuto il mito della conoscenza. Anzi, la tendenza malsana è sempre stata di essere vittima di transfert, innegabile, verso chi mi insegnava qualcosa: infatti posso vantare una serie illimitata di infatuazioni che hanno finito per precludermi qualsiasi tipo d'apprendimento nelle più svariate attività. Comunque, vanti a parte, in genere parto priva di pregiudizi e ho una ingenua fiducia nella gran passione per la materia insegnata e per l'insegnamento in sè che dovrebbe animare un formatore. E' ovvio che si lavora per vivere, e non è disdicevole sviluppare un'apatia difensiva nei confronti del lavoro. Eppure, ci casco sempre: penso che se si sceglie di insegnare come minimo si debba amare la propria materia.
So che trattandosi di corso parauniversitario non si può parlare di formazione in senso stretto (però la scena è quella di una semplice classe e non si parla col microfono e si possono addirittura imparare tutti nomi, volendo); non importa, tanto quelle che vado a elencare sono di per sé delle idealtipizzazioni di formatore che il mio libro rammentava essere raramente diffuse in forma pura. Prima si vagliano le ipotesi, poi si delibera.

8 fantasie del formatore

Formatore - formatore. Desidera dare una "forma" allo studente che ne ha ancora una inadeguata
La forma da dare a noi 'formandi' è ESATTAMENTE quella della busta paga. Nessun indizio che porti a qualcosa di diverso dallo 0 (ZERO) che rappresenta non metaforicamente la quota di passione investita nell'insegnamento. Magari beneficia di un Condono.

Formatore - terapeuta. Un guaritore, alla crisi d'identità del mondo moderno (c'è grossa crisi) risponde con una azione formativa volta al sociale
Sì, sì, va bene. Ma non capisco perchè in questo caso siamo noi studenti a volgere al sociale. E poi se me l'avessero detto l'avrei fatto gratuitamente: cioè, devo pure pagare?

Formatore - maieuta. Mito bontà originaria che è possibile far sviluppare nello studente solo attraverso atteggiamento non direttivo, per far diventare ciò che si è
C'è del potenziale in voi, dovete solo sviscerarlo: per esempio, studiando da soli. Al limite posso leggervi gli appunti del mi' babbo.

Formatore - interpretante. Colui che può rinchiudere gli altri in una formula.
E la formula è: cazzi Vostri, Io porto avanti un rapporto esclusivo con il gazpacho di peyote.

Formatore - militante. Il portatore dell'idea giusta
"In Giappone ci sono 4 stagioni". Maddai! Oltretutto è assolutamente falso, si sa che le mezze non ci sono più. Ma non era obbligatorio l'aggiornamento professionale?

Formatore - riparatore. La società è responsabile del male e il formatore "si fa carico", si sacrifica. La sua assoluta bontà lo separa nettamente dall'altro, forse non ha abbastanza chiaro che questo implica disprezzo per l'altro
Una visione della vita molto PROZAiC®a.

Formatore - trasgressore. Contesta ogni repressione, ogni ordine, tende a sregolare la vita del formando
vero: si evince dalle abitudini maquillageoises e dagli accostamenti cromatici decisamente perversi.

Formatore - distruttore. Cerca di rendere l'altro folle per confermare la propria salute mentale
Forse si tratta di "mal comune mezzo gaudio". Per non dire che "il fine giustifica i mezzi". Comunque, machiavellico.

Il soggetto in esame ha la capacità di spaziare.
A questo punto non riesco a trarre delle conclusioni sensate, piuttosto passo ad un accorato quando disperato appello personale:

SDC, perchè hai abbandonato la cattedra della nostra aula per sederti SOPRA una di quelle universitarie? Perchè ci lasci in balìa di questi surrogati dagli otto infernali tentacoli formatori calzanti obbrobriosi scarponcini?
Pensare che l'ultima lezione tua che ho seguito (ero pure arrivata in orario), i tuoi discorsi avevano colpito così a fondo che ho sognato volpi dal manto bianco, argentato (quelle che portano bene, mica quelle rosse che incarnano spiriti malvagi) in brumoso bosco nipponico antelucano...

sigh.

p.s: Non vorrei essere offensiva. In realtà a volte mi fa pena, mi sembra che almeno si impegni. Ma pensare che si impegni è meno offensivo?


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domenica, gennaio 05, 2003

/ un sogno fatto

... mi scrive una lettera, è un capolavoro e nel leggerla tremo di riconoscenza e stupore; sono al tavolo di un bar sulla strada e appoggio la mano come a fermare il movimento nevrotico del vetro che vibra al passaggio delle auto. Fuori l'inclinazione dei raggi solari lascia spazio solo a promesse d'ombra e opprime l'aria tremolante di una pianura d'asfalto, ma da qui posso ancora definire i confini delle cose, spogliarle dell'inessenziale. E' la mia ora di religione: è solo per fede che in un altro momento o lungo un percorso differente l'essenziale sarebbe tutt'altro

/ un rito

Da sempre, ogni volta che il treno avanza sul ponte recito per me stessa la nostalgia di Ungaretti questi sono i miei fiumi / contati nell'Isonzo
Ho sempre amato questo fiume, mi piace il colore delle sue acque, mi piace come si accorda con le sue pietre bianche, come il suo corso le smussa e le addolcisce nella forma, mi piace come impone ogni volta ai miei pensieri come fosse una nenia catartica questo è l'Isonzo / e qui meglio / mi sono riconosciuto / una docile fibra / dell'universo
Riconosco, nell'acqua, le sottili fibre del mio universo.
Quelle che scorrono nel fiume così fragili da poterle avvertire solo in agglomerati caotici e inclassificabili che si impongono prepotenti ed ipnotici, che mi distraggono e trascinano sul ponte da cui mi affaccio a seguire lo spettacolo del fluire, lontano da voi che siete già dall'altra parte, d i s t a n t i.

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Amitav Ghosh, ne Lo schiavo del manoscritto:

< Ripulii con cura le scarpe dal fango, mi avvicinai alla porta e bussai. Dopo un lungo intervallo di tempo una voce rispose chiedendo: " Chi è?". Era una voce di donna e sembrò riecheggiare fino in fondo al vicolo.
-Ana, dissi scioccamente, con uno strano tremito delle gambe, poi subito la voce tonante di Shaikh Musa - Amitab, ya, Amitab, ya doktor, dove sei stato? - e per tutto il tempo impiegato dalla moglie a togliere la catena continuò a ripetere: - Amitab, ya, Amitab dove sei stato? - Quando finalmente la porta si aprì avvicinammo le nostre mani con grandi schiocchi e ce le stringemmo forte, prima una poi tutte e due insieme, e lui continuava a ripetere "dove sei stato tutto questo tempo? dov'eri?" - ma adesso i suoi occhi erano pieni di lacrime, e anche i miei, passarono mesi prima che io mi rendessi conto con meraviglia che aveva riconosciuto la mia voce quando tutto ciò che avevo detto in risposta alla domanda di sua moglie era stato "Sono io". >

"Sono io". Commovente, perchè è commovente essere "riconosciuti", fa sciogliere in pianto, fa sorgere un silenzioso ringraziamento alle labbra; "riconoscere" e "riconoscenza" hanno la stessa radice, sono prossime semanticamente.
Io sono abbastanza fisionomista (soprattutto quando indosso gli occhiali), e mi ricordo le voci, gli accenti, la gestualità; invece son sempre convinta che gli altri, di me non ricordino.* Sono sempre convinta che gli altri non ricordino e quando mi incontrano per caso persone che non vedo da tempo e che io riconosco benissimo, e riconoscerei anche se fosse dieci volte tanto il tempo passato, sono io che mi volto e nascondo la faccia.
So di essere io stessa a misconoscermi, in realtà ho avuto la prova varie volte di persone che insospettabilmente avevano un ricordo molto preciso. Non mi piace guardarmi allo specchio, specie se ho qualcuno a fianco, di solito distolgo lo sguardo, il mio proprio non lo sostengo men che meno quello degli altri. Non mi piace farmi fotografare, e non certo perchè la fotografia mi rubi l'anima: probabilmente l'esatto contrario. In genere, per risparmiarmi, dico la verità: "ma no, poi l'effetto è puro cubismo! in foto assomiglio sempre a una demoiselle d'avignon". Non mi riconosco mai. Forse qualcosa che c'entra col non riuscire a vedersi in una dimensione diversa da quella interiore: tant'è che quando mi muovo sembro non aver alcun indizio della mia fisicità, sono terribilmente goffa.
Il riconoscimento mi commuove davvero e quello che desidero, è forse arricchito di sfumature trascendenti: riconoscermi, identificare un fondamento, una materia "atomica" che sia una, che sia cuore vivo e pulsante, che sia sostanza permanente. Non una definizione monovalente e incompiuta - soddisfacente il tempo di un istante, irritante - quanto piuttosto la conoscenza im-mediata di ciò che unisce nessuna e centomila facce.
Qualcosa di catartico, innegabilmente. sì, sì, è ancora l'amicizia. Quel che fa dire: "Sei tu".

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