mercoledì, dicembre 17, 2003

Incredibile, come ancora mi sorprenda il caso in questa città che pure è vasta.
Mi sono trincerata dietro la provvidenziale compattezza della fila davanti alla mia e sono svanita fra le spire della sciarpa (che sono parecchie, è una sciarpa oblunga - se non mi ci avvolgo mi fa inciampare, se mi ci avvolgo, contando i cerchi concentrici, si legge la mia età), ma ci divideva solo una diagonale di quattro scarse poltrocine. Una persona che non vedevo da circa nove anni, e che mi era tornata alla mente dopo l'ultima serata a teatro. Non dovrei stupirmi, era proprio il suo genere di spettacolo. Al momento degli inchini sorridevo osservando l'applauso entusiasta, il giornale di sempre sotto braccio, l'ascella stretta per non farlo cadere. E anch'io ero entusiasta di questo "Alla Greca", di Steven Berkoff: delle interpretazioni magistrali per un testo vulcanico, sboccato ma mai per niente, a tratti persino poetico.

D'accordo inizia con queste dettagliate coordinate geografiche, urlate roboanti, senza fiato:

Così sono stato deposto in un parco di Tufnel, che è a non più di un tiro di pietra dall'Angel, a una scoreggia di scimmia da Tottenhaaaaam e a uno sputo di catarro da Stamford Hiiiiill, d'accordo è un cesso, un buco di feccia infestato dalle mignotte che battono appoggiate agli angoli dei pub, quella razza di puuuuuub schifosi dove voi vecchi rottinculo vi ritrovate tutti...

Eddy è Edipo a Londra, che nella fantasia di alcuni (io, me per esempio) è un reticolo di esotismi e correspondaces, ma per altri è pestilenziale, corrotta, afflitta da relitti di varia umanità - addirittura da una famelica sfinge femminista; Eddy si assume il compito di liberarla ("Spazzatura. Nient'altro che spazzatura". No, d'accordo, un Taxi Driver a bordo di un black cab non ha lo stesso impatto), ma gli è stata predetta sciagura, quand'era bambino, nel carrozzone di uno zingaro.

"Non sapevo che le parole potessero uccidere" dice la cameriera, poi moglie, poi madre di Eddy. Ma sì, che si sa, le parole sono un'arma implacabile e letale: è in un duello di parole che, come da predizione, Eddy uccide il padre. Io, bestemmia? ho sorriso anche al pensiero delle sfide a insulti per cui adoravo Monkey Island, ma so benissimo che Eddy non assomiglia in niente a Guybrush Threepwood, specie nella scelta del coiffeur.

E' un testo divertente e vigoroso, e beneficia di un epilogo non alla greca. Suggerisce ciò che potrebbe essere osceno (il tabù infranto) è invece solo indecente. Ma il massimo dell'indecente: l'amore vero che non va sciupato, comunque si presenti.

e l'universo ci avviluppava in un manto d'astri di pioggia e d'erba calpestata e tè e gelati e dita che s'intrecciano alle dita tienti stretta a me tienti stretta a me e mai ti lascerò andare via, tienti stretta a me, che cosa importa che tu sia mia madre, t'amerò comunque anche se son tuo figlio, che forse ci facciamo del male l'un con l'altro...? che forse ci causiam dolore ci uccidiamo...? ci procuriamo chissà quali amputazioni o insopportabili ferite...? forse che a vicenda ci infliggiamo abominevoli supplizi...?
[...]
Sarà pur meglio di ficcare un candelotto di esplosivo dentro il culo di qualcuno e guadagnarsi poi per questo una medaglia. E' deciso torno indietro. E così corro corro e corro, e correndo le pulsazioni aumentano e i miei piedi percuotono la terra in modo barbaro, è amore io lo sento che tutto questo è amore, che cosa importa quale forma prende



Poi, a questo punto sarà vero che gli incontri avvengono quando devono avvenire. Certo lo pensavo in prima liceo, quand'ero innamorata follemente di un Alessandro e lo incontravo ovunque, dall'altra parte della città, al cinema, davanti ai suonatori ambulanti, sul metrò che non prendevo mai, alla fermata di un tram scomodissimo - bugiarda che sono, alla fermata del tram è assolutamente falso: scoperto a che ora arrivava, al ritorno da scuola, mi facevo trovare lì come se ci fossi appena capitata, mentre ero assiderata da mezz'ora d'attesa. Tutto il turbinare di queste casualità svanì un giorno di fine dicembre, quando riconoscendo su una targhetta il nome della sua via, presi un coraggio che ho avuto poche volte nella vita e andai a citofonare. Non c'era nessuno. E da allora non l'ho più incrociato.
Sarà pure vero che gli incontri avvengono quando devono avvenire. Ma manca il dono aruspiceo. Cosa dovrò capire, adesso?


posted by frammento at 03:33  0 commenti