giovedì, febbraio 27, 2003

L'altra sera alla Feltrinelli si è voluto porgere un piccolo ma sentito omaggio a Raymond Queneau nel centenario della sua nascita, e N O I abbiamo assistito.
Com’era inevitabile raccontando di Queneau, della sua opera e del Laboratorio di Letteratura Potenziale (Oulipo), Stefano Bartezzaghi ha abbozzato un discorso sui 'fous littéraires', quei letterati atipici e appassionati spesso ideatori di creature e capolavori fittizi, simulazioni letterarie, fantasticherie, colti divertissements.
Mi ha fatto ripensare ad alcune letture.
Ad esempio, un libricino di Georges Perec e Jacques Roubaud il cui esiguo numero di pagine viene moltiplicato esponenzialmente da potenziali interpretazioni e rimandi bibliofili. In “Viaggio d’inverno / viaggio d’inferno”, Perec racconta di tale professor Degrael che, ospite per una notte a casa di un collega, trova nella biblioteca da lui ereditata l’opera di un poeta sconosciuto, tale Vernier, che sembra aver riassunto nei suoi componimenti i migliori versi della poesia francese dell’’800 anni prima che essi venissero pubblicati dai rispettivi autori (Baudelaire, Mallarmé, Gautier, Lautréamont…). Perec insinua l’idea di un “plagio per anticipazione”, intessendo le trame misteriose di una macchinazione letteraria che viene poi svelata nella seconda parte del racconto ad opera di Jacques Roubaud, senza lesinare sul giochi di rifrazione fra realtà e finzione.
E la rivelazione sulla genesi di tutta la poesia simbolista e parnassiana, intrecciata con geniale studio combinatorio di versi e abilità nella contraffazione bibliografica, è una squisita burla Oulipiana. Tipica Oulipiana e in omaggio all’Oulipo stesso, come si deduce dalla lettera in cui il misterioso Vernier spiega la sua misteriosa antologia di versi celebri:

[..]Con ognuna di queste parole fate la poesia. Prendetele come volete, purchè rimino. Da due a quattordici versi, tutte le poesie sono possibili e tutte le combinazioni di rimi possibili. Mi si dirà che prendo a prestito una linea già tracciata, un solco già largamente scavato dai miei predecessori: Meschinot, Putanus, Kenellios* Khulmann. E’ vero, avrei potuto, trascrivendo 10 sonetti apparenti, offrirvi il dono potenziale di cento miliardi di poemi… […]

* leggo nelle note che quelli citati sono ovviamente dei camouflages – ouais! – per cui Kenellios è proprio Queneau

Nella stessa collana un altro pregevole racconto bibliomane è quello della caustica Amélie Nothomb (di cui però ho apprezzato maggiormente “L’igiene dell’assassino”, sebbene la scelta dei dialoghi sia sempre magistrale), “Libri da ardere”. Ma forse è poco pertinente con ciò di cui stavo scrivendo. Diomio, cosa stavo scrivendo?
Ah, giusto, della magnificenza di certi trompe-l’oeil letterari che spesso non solo hanno entusiasmato, bensì sono riusciti ad ingannare un pubblico più o meno consumato… tralasciando (per rispetto, chetticredi) le “finzioni” – omonime - di Borges, i libri/luoghi incastonati di Calvino, i complotti templari di Eco, il discorso del Bartezzaghi ha richiamato alla mente le testimonianze “esemplari” e le indagini di due autori ispanofoni piuttosto originali.
A Enrique Vila-Matas ho già accennato altrove, ma è il caso di ricordare che ha “redatto” una Storia abbreviata della Letteratura Portatile (ispirata Da Tristan Tzara) che mischia inquisizioni storico-letterarie scrupolose ad una altrettanto circostanziata e completamente futile aneddotica, dall’effetto straniante. E poi ha scritto ‘Suicidi esemplari’, dieci brevi racconti in cui si fa immaginario testimone di suicidi (pare che veda nello scomparire o nel ‘negare’ un coronamento: dopotutto, “Bartleby e compagnia” è una specie di antologia di letterati che alla letteratura hanno rinunciato).
Infine, per affinità di titolo e di argomento ho pensato a Max Aub, altro prolifico artefice di clamorose divertenti fittizie costruzioni letterarie, autore di “Delitti esemplari”.
Ne cito giusto un paio:

“Lo uccisi in sogno, poi non potei fare altro che sopprimerlo sul serio”.

“Ci provi adesso a fare sciopero”

“Russava. […] Non potevo più dormire: se russava, per il rumore; se non russava, nell’attesa del rumore. Se picchiavo sul muro , smetteva per qualche momento, ma subito ricominciava…. Voi non avete idea di cosa sia fare la sentinella a un rumore […]La fucilata gliela tirai con la carabina di mio nipote”

“Parlava, parlava, parlava, parlava, e parlava. E seguitava a parlare. […] Parlava di tutto, di qualunque cosa, per lei era lo stesso. […] Veniva persino in bagno: e questoe quest’altro e quest’altro ancora. Le ficcai un asciugamano in bocca perché smettesse. Non morì mica per questo, ma perché non riusciva più a parlare. Le scoppiarono le parole dentro.”

--------- e allora io ho aggiunto:

"Lo uccisi perché sapevo che altrimenti l’avrebbe fatto lui: aveva detto che mi trovava talmente insignificante da non aver diritto di vivere. Talmente insignificante da non sospettare la mia collezione di lame di Toledo."

"Era sempre noiosamente impeccabile; sempre puntuale, sofisticata, spocchiosa. Sapeste com’era scomposta e volgare precipitando dal 5 piano!"

"Era così scemo che mi son sempre chiesto cos’avesse nel cervello. Allora ho preso una mazza da baseball… bè, era davvero poca cosa."

"Sembravano mille in quella maledetta topaia. E sbronzi tutte le sere! feste, baccano, risate sguaiate, una cagnara intollerabile… almeno quanto il terribile pop sudamericano con cui ci torturavano. Io mi devo alzare presto, la mattina. Quelle bottiglie che scaricavano per strada hanno fatto proprio a caso mio."

“Sei proprio ridicolo, mi fai morire!” Detto, fatto.


E poi. Di blogger ne leggo mica pochi (non mi ammazzate, ragazzi, si fa per ridere, so’ giovane e stupida) e magari potrebbero dire :


Alfo. Non era d’accordo con me ma perché potesse esprimere la sua opinione avrei dato la vita. La sua, intendo.

Zop. Lo uccisi… perqueneau...? dovevo pur tenermi in esercizio.

Giorgia MU: lo uccisi così, per NULLA.

Marquant: Non taceva mai durante i film. E “sai cos’ha detto il Porro di quest’ultima performance di X”, e “è veramente deplorevole la scelta dei costumi”, e “imbecilli! Hanno tagliato quella scena d'antologia in cui…”.
Ed era abbonato a tutto il ciclo di proiezioni!
L’ho aspettato all’uscita e l’ho ammazzato a colpi di Mereghetti.

Marmaid: Stendeva sempre nello spazio a me riservato! era diventata un’ossessione affacciarmi alla ringhiera e trovare i suoi miserabili straccetti sui miei fili. Con uno di questi l’ho strozzata.

xconfusa: lo uccisi… (ops)


posted by frammento at 05:40  0 commenti