domenica, aprile 17, 2011
Ho dovuto cominciare a preparare degli scatoloni di libri, non tanto perché l'emigrazione verso la provincia sia imminente (non avverrà prima di giugno), ma perché il mobiliere ha bisogno di qualche mensola-campione per adattare la libreria al nuovo soggiorno. Già che c'ero, ho cercato di fare le cose per bene, riponendo i libri e istoriando gli scatoloni con pittogrammi che mi risparmino di doverli poi aprire tutti per riuscire a raccapezzarmi e infilare di nuovo i libri al loro posto secondo il mio criterio emotivo (escludendo le macrocategorie "giappone", "noir", "letteratura di viaggio", che sottintendono ad altre leggi). Dopo vari scatoloni, contemplando la variopinta abbondanza ancora sugli scaffali, ho pensato alle mensole in camera - imbarcate - al comodino con tre pile instabili di libri e all'altra metà dei miei libri rimasta a casa dei miei genitori e mi sono domandata come potesse essere, dopo aver letto tanti libri, di essere ancora così
impreparata. Non tanto culturalmente (anche se mi sento in una fase regressiva), quanto piuttosto nel gestire me stessa.
Negli ultimi mesi, a dire il vero, mi sento impreparata anche solo a parlare di me stessa, così svicolo, dico qualche sciocchezza per alleggerire il tono, a priori, e alla fine rinuncio. A volte vorrei offendermi per la noncuranza con cui questo viene accettato da alcune amiche, ma lascio perdere. In fin dei conti è un atteggiamento comunque preferibile al farmi aprire il vaso di Pandora solo per amore di conversazione.
posted by frammento at
08:49
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