lunedì, settembre 27, 2010

Mongolia/2
Molti dei grandi tour operator che offrono costosissimi viaggi in Mongolia, tengono UB come base e fanno per lo più spostamenti in aereo dalla capitale alle singole località di interesse. Mi sono fatta l'idea che sia perché lo stato (o l'inesistenza) delle strade mongole, non permetterebbe di offrire un viaggio abbastanza confortevole, magari di standard occidentale, o di calcolare i tempi di percorrenza, che dipendono molto dal tempo atmosferico (perché se piove, per esempio - questo soprattutto al centro-nord - ci sarà fango).
Il fatto è che sorvolare il deserto per atterrare in una qualche remota cittadina al centro o ai confini del nulla (tra l'uno e l'altro: un'ellissi), dal mio punto di vista, ha poco senso, dato che il Gobi è l'esempio più perfetto di luogo in cui il viaggiare e il semplice passare sono due esperienze completamente differenti.
Un proverbio mongolo dice che la gioia dell'uomo sta negli ampi spazi vuoti; ed è vero. È impossibile non lasciarsi ossessionare dall'orizzonte, un orizzonte ostile, anzi, uno degli orizzonti più ostili della Terra, che suscita una beata, segreta irrequietezza e impone di abbandonarvisi, come se la mancata percezione di confini inducesse a non arginare i vizi dell'umore, piuttosto per equivalenza li sciogliesse, semplificasse.
Non attraversare il Gobi, significa non conoscere la malìa del niente così smisurato e la sua superba desolazione; un'immensa distesa di niente, ma un niente incredibilmente vario: ampie superfici erbose spezzate da singolari formazioni rocciose, zone ghiaiose dove cresce il saxaul e nulla più, calanchi, canyon, fiammeggianti rupi di arenaria e, in zone molto ristrette, dune - dune impressionanti, spettacolari, che grazie al variare della luce e al vento rinnovano ogni momento il loro mistero.
Fosco Maraini, pur parlando di un altro Paese (il Tibet, i cui tre elementi caratteristici erano secondo lui il burro, le ossa e il silenzio), scriveva [..] V'è il silenzio giallo, ocra delle sassaie; quello cilestro-verde dei ghiacciai; quello delle valli dove roteano altissimi, contro il sole, i falchi. Ed è il silenzio che purifica tutto, secca il burro, polverizza le ossa e lascia infine nell'anima una dolcezza inesprimibile di sogno, come avessimo toccato qualche patria originaria perduta, dopo la primissima infanzia della storia.

Etichette:


posted by frammento at 09:13  0 commenti