sabato, ottobre 10, 2009

Scozia/1
Forse per togliermi dalla testa l'orizzonte infinito e liberarmi da questo senso di soffocamento, dovrei mettere da parte tutti quei libri infilati a fatica nel bagaglio al ritorno da Glasgow ed evitare di guardare film con protagonisti rosci e lentigginosi dall'accento poco intellegibile.
Non vorrei fare una citazione troppo colta, ma sul Vivimilano tempo fa ho letto la dichiarazione di Victoria Beckham: "Milano è bellissima, ma mi rovina la pelle". Guardandomi allo specchio, mi vien voglia di darle ragione.
A volte penso che l'origine di questa mia insofferenza verso Milano, che nonostante le sue evidenti mancanze fino a qualche anno fa non era così acuta, sia da imputare al fatto che ho cominciato a frequentare il Nord Europa. E a sentirmici bene - o, almeno, a sentirmici meglio.
Scoprendo, fra l'altro, che gli Scozzesi (escludiamo per un momento i glasgwegians, per i quali poi facciamo un discorso a parte) sono inaspettatamente accoglienti, aperti, ironici. Il craic per esempio è in voga anche in Scozia, come in Irlanda, anche se va misurato in bicchieri di whisky (e non di whiskEy). In Scozia, la gente, specialmente di mezza età, ordina una pinta di birra e un bicchiere di whisky insieme. E il whisky si accorcia sempre più velocemente della birra.

Parliamo del craic. Sulle guide, e ovunque leggiate dell'Irlanda, è inevitabile trovare questa parola. So che esistono parecchi luoghi comuni, ma credo non sia questo il caso, poiché il vocabolo definisce piuttosto bene la tendenza al divertimento sano (e sì decisamente alcoolico), alle conversazioni brillanti e al gusto per la battuta che è propria sia degli irlandesi che in fin dei conti dei britannici (non a caso, dato che la provenienza della parola "craic" è gaelica ma fu in origine importata dall'inglese).
Per dire, noi abbiamo capito che cosa fosse davvero il craic una sera nel villaggio di Schull (n.d.b. si legge come skull). Ci eravamo seduti a un tavolo per la razione di birra serale e un avventore si era immediatamente accomodato a fare quattro chiacchiere, che si erano trasformate in un fiume di parole e tre pinte. Arrivate le 23,00, orario in cui i pub chiudono i battenti per legge, i battenti si chiusero: ma con tutti all'interno, a fare all'improvviso un gran baccano. Anche la musica dal vivo si era traformata in musica danzereccia (irlandese: non precisamente il mio genere), tanto che riuscii a offendere un locale rifiutando il suo invito alle danze.
In realtà l'abbiamo provato in ogni angolo d'Irlanda. Anche nel più piccolo villaggio, di regola, la sera si spengono le luci delle case e si accende quella del pub, mistica visione in quel nulla che altrimenti non sarebbe assoluto solo grazie a qualche belato di pecora.

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posted by frammento at 06:49  4 commenti