mercoledì, ottobre 31, 2007

All'incredibile elenco di sfighe dell'ottobre 2007, giusto per concludere, possiamo aggiungere che mi sono fatta appiattire il polpastrello dalla piccola pressa della macchina delle spillette perché dialogavo fra me e me, appunto, sull'imperscrutabile disegno di sfighe dell'ottobre 2007.

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martedì, ottobre 30, 2007

Un'oretta fa conversavo con due gentili persone a proposito della discussione in corso (discutibile anch'essa) sul libro annuale di Vespa.
E io dicevo, quando esce il libro di Vespa, e leggo le cifre ad esso relative, mi viene sempre in mente la primavera del '94 (ancora non votavo), quando facevamo capolino in tutte le classi del quinto anno per puntare il dito: "Dai, poche storie, qualcuno l'ha votato...". Ci fosse stato mai uno, dico uno, che l'abbia ammesso.

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mercoledì, ottobre 24, 2007

Ho letto che Tess Gallagher ha già dichiarato in un paio di occasioni di voler pubblicare i testi originali del marito, Raymond Carver, così come erano prima che finissero nelle mani di Gordon Lish, editor della Alfred A. Knopf (poi licenziato) e di Esquire, noto in altri tempi come "Captain Fiction", grande fiuto e indiscreta penna rossa, dicono.
E allora ci sto pensando, se cercarli o inventare un disinteresse e malcelare. Se Carver non avesse significato ciò che ha significato per me così come l'ho letto, non ci penserei.

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Ho diecimila cosa da fare (tra cui rispondere a mail e lettere di amici, scusatemi) e l'unica che avrei voglia di fare al momento è prendere su lo splendido libro ricevuto in regalo a Francoforte (allo stand della A. Knopf: ed ero entrata solo per farmi intimorire dalla presenza di Chip Kidd) e sperimentare piegature, tagli, collage, rilegature. Ogni tanto passo il dito nella W o delle O del titolo, inciso in rosso, profondo, e ritorno a lavorare.

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mercoledì, ottobre 17, 2007

Quando arriva questo periodo dell'anno le mie velleità ecologiste vacillano, vanno a schiantarsi contro il mio desiderio di instaurare nelLa Casa un clima tropicale.
Comincio a tirar fuori gli stivali, a sostituire la birra col vino (ultimamente qui si pasteggia a Campari, a dire il vero) e, la sera, a contare pecore merinos.

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martedì, ottobre 16, 2007

Quando eravamo bambini, e mio fratello più bambino di me (è più giovane di cinque anni), davanti al telegiornale capitava che chiedesse: "Papà, X è bravo?", "Papà, chi sono i buoni?".
Mio padre, che ha sempre avuto le idee molto chiare, pure troppo, a queste domande rispondeva invariabilmente: "Devi ascoltare, leggere, e farti la tua idea".

Sono domande troppo ingenue per non avere una risposta altrettanto ingenua, eppure ci sono stati tempi in cui si credeva di averne una.
Naturalmente non sono questi.

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lunedì, ottobre 15, 2007

Pensieri/1
Mai accettare di portare avanti dei progetti insieme a una persona con cui hai passato dei momenti spensierati, ma non hai mai visto lavorare. Finirai per riferirti affettuosamente a lui, in famiglia, come a "Pigna Nel Culo".

Pensieri/2
Francoforte, la città, è inquietante. Grattacieli e pub con i breztel appesi - grattacieli che la sera diventano solo cupe presenze che privano di vivacità ciò che le circonda, che non le conferiscono neppure il mistero e il fascino di una città da conquistare, in cui pretendere il tuo posto. Niente mille luci di Francoforte.
Fuori però è subito campagna, campagna vera. Diversamente da Berlino o Amburgo, qui s'incontrano certe facce da crucco! ("meglio essere un paese ricco di stereotipi che non averne nessuno") e parecchie centrali eoliche: guardandole mi sento vagamente solidale con il tale che si lanciava contro i mulini a vento, eppure devo confessare che mi affascinano. Ma d'altra parte, io sono quella che, quando passa di notte a fianco alle gru e alle scavatrici immobili che s'incontrano a un certo punto a lato della A1, deve fare un grande sforzo per non pensare al sonno vigile di enormi animali estinti.

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lunedì, ottobre 08, 2007

Tempo fa mi sono iscritta a un servizio per trovare mail-friend in giro per il mondo e praticare le lingue che conosco e pian piano dimentico e il primo a scrivermi è stato un ragazzo asiatico. Ci siamo scambiati qualche mail, le mie di media lunghezza e descrittive, le sue non più lunghe di quattro righe, delle quali una per chiedermi (più di una volta) come sto e se sono felice e l'ultima per augurarmi (più di una volta) di stare bene e ed essere felice.
Lo so che è una convenzione culturale, ma dopo la quinta mail con questo schema ho cominciato a chiedermi se cercasse di portarmi sfiga o di insinuarmi qualche dubbio. Non mi sembrava opportuno, ma avrei potuto rispondergli che no, non andava bene e non ero felice, ma che se non altro avevo capito che la felicità per una come me non è qualcosa che si realizza, è qualcosa a cui tendere rimanendo sempre un passo o un infinito indietro (e non c'è altro da dire sulla sua natura, se non che è come il neon dall'altra parte della strada che si accende e si spegne e tormenta i tuoi sogni da perdente - immagine perfetta, peccato Michael Chabon parlasse di tutt'altro e io abbia snaturato).
Avrei potuto, ma insomma a un certo punto ho smesso di scrivergli. Riesco a farmi irritare dai convenevoli, sì (se sono il succo del discorso, sicuramente).
Oggi mi ha scritto per dirmi che è preoccupato perché non mi ha più sentito e spera che io stia bene e sia in salute. E sempre felice. arrrghrrjhhh

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venerdì, ottobre 05, 2007

Parlar male di Velvet Goldmine mi ha fatto ripensare a 24 Hour Party People, film che mi ha lasciato l'impressione opposta - è un ritratto affascinante e Winterbottom sa il fatto suo - e così sono andata a leggermi le ultime notizie su Tony Wilson (estreme, intendo, dato che come saprete).
Così, sulla wikipedia ho trovato un'intervista:

"Questo Sutent è la mia unica possibilità. Non è una cura ma può far regredire il cancro, perciò probabilmente lo dovrò prendere finché campo. Quando mi hanno detto che avrei dovuto pagare 3500 sterline al mese per i farmaci, mi sono chiesto dove avrei trovato i soldi. Sono l'unica persona nell'industria musicale che com'è noto non ha mai fatto un soldo... Ero solito dire 'c'è chi fa i soldi e c'è chi fa la storia' - che è molto brillante finché non ti ritrovi a non poterti permettere di rimanere in vita... Non ho mai pagato per la sanità privata perché sono socialista. Adesso scopro che puoi pagarti la chirugia estetica col servizio sanitario nazionale ma non le medicine di cui hai bisogno per restare vivo..."

Adesso sì che mi ha fatto scendere una lacrima, anche due. Forse non è il caso di prenderlo come modello di business, però, cristo...
"Come tutto nell'impero Factory, anche alla bara di Tony Wilson è stato dato un codice prodotto della Factory - FAC 501. Sarà l'ultimo codice prodotto della Factory"...

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Perché questa volta non mi faccio fregare, cioè non spendo soldi per andare a vedere Io non sono qui.
Perché Todd Haynes negli anni è riuscito in alcune mirabolanti imprese:
- girare uno dei film più insulsi che io abbia visto negli ultimi anni, Safe, uno di quei film che vorrebbero essere pretenziosi ma gli mancano il coraggio e soprattutto la sostanza;
- girare un film imbarazzante sulla scena glam rock, Velvet Goldmine, che non conclude niente, che riesce a rendere noioso persino David Bowie, che riassume un'epoca in qualche gemito e in una parola: glitter (bella colonna sonora, d'accordo...);
- girare un film stucchevole, e d'una prevedibilità per me inconcepibile (e di cui ho visto solo il primo tempo perché poi mi son girate le balle), come Lontani dal paradiso;
- riuscire a non farmi sembrare sexy Ewan McGregor;
- convincermi che Julianne Moore è una che soffoca i bambini nel sonno.

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giovedì, ottobre 04, 2007

Ho una lunga storia con le magliette che parlano. Anni fa per andare in palestra me ne ero messa una e l'istruttore che appoggiava regolarmente i gomiti sul manubrio della mia cyclette ebbe da dire qualcosa: "Cosa fai, ti metti le magliette con i cazzetti?". "Quali cazzetti?, mi difendevo io, è l'alfabeto protobulgaro!". "A me sembrano dei cazzetti, quelli", insisteva lui. In effetti sembravano; la riposi nell'armadio e da allora scelsi tenute meno colte - o più colte, a seconda del punto di vista - a parte quelle sessioni post-telegiornale che richiedevano la maglietta "io non ho votato berlusconi" con la scritta anche in cinese e in arabo (me ne dovrò fare una X2L per ospitare il prossimo lungo elenco di "io non ho votato...").
Prima delle vacanze invece io e s. abbiamo comprato delle magliette su Threadless, e io ne ho scelta una che mi ricordava un brano di Philip Roth che citai un annetto fa, e che veste benissimo le mie inquietudini di allora e di adesso, quelle per cui me ne sto sempre come d'autunno sugli alberi le foglie - e come nei banchetti gli studenti della Kelsey Grammer School, quando il professore gli chiede di risolvere l'equazione "Enrico II : Enrico V = ..." ("anybody? no? ...H2O2!") o la radice quadrata di Braccio di Ferro (Little Britain. E' scemo, d'accordo, è scemo, ma lo adoro: sooooo British).

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