giovedì, ottobre 04, 2007

Ho una lunga storia con le magliette che parlano. Anni fa per andare in palestra me ne ero messa una e l'istruttore che appoggiava regolarmente i gomiti sul manubrio della mia cyclette ebbe da dire qualcosa: "Cosa fai, ti metti le magliette con i cazzetti?". "Quali cazzetti?, mi difendevo io, è l'alfabeto protobulgaro!". "A me sembrano dei cazzetti, quelli", insisteva lui. In effetti sembravano; la riposi nell'armadio e da allora scelsi tenute meno colte - o più colte, a seconda del punto di vista - a parte quelle sessioni post-telegiornale che richiedevano la maglietta "io non ho votato berlusconi" con la scritta anche in cinese e in arabo (me ne dovrò fare una X2L per ospitare il prossimo lungo elenco di "io non ho votato...").
Prima delle vacanze invece io e s. abbiamo comprato delle magliette su Threadless, e io ne ho scelta una che mi ricordava un brano di Philip Roth che citai un annetto fa, e che veste benissimo le mie inquietudini di allora e di adesso, quelle per cui me ne sto sempre come d'autunno sugli alberi le foglie - e come nei banchetti gli studenti della Kelsey Grammer School, quando il professore gli chiede di risolvere l'equazione "Enrico II : Enrico V = ..." ("anybody? no? ...H2O2!") o la radice quadrata di Braccio di Ferro (Little Britain. E' scemo, d'accordo, è scemo, ma lo adoro: sooooo British).

posted by frammento at 02:55  0 commenti