martedì, settembre 11, 2007

Ho scoperto che se dico "55" in tedesco (fünf-und-fünzig), ho lo stesso potenziale comico di quando recito i proverbi di Montalbano alle mie amiche trapanesi; ogni tanto lo dico all'improvviso, affacciandomi a una porta a tradimento, tanto per vedere se mi riesce naturale, ma credo dovrò affacciarmi ancora a parecchie porte.
Ciò nonostante ho deciso che mi metterò a studiare il tedesco seriamente.
So che vi chiedete perché, se non sono obbligata da spiacevoli circostanze, faccia propositi del genere, lo so perché me lo sarei chiesta anch'io anni fa, quando l'idea della Germania mi riempiva di ansie razionali e irrazionali, e così i tedeschi. Non sarei mai riuscita a pensarla come meta di vacanze, né a scinderla da alcuni pensieri appunto ansiogeni: passo dell'oca, tesi-antitesi-sintesi, Oktoberfest in calzoncini di pelle e camicia a sbuffi, mercatini natalizi. Oggi, invece, Überraschung!, accarezzo la possibilità di un futuro non prossimo ma neanche troppo ipotetico a Prenzlauer-Berg (Berlino) o Blankenese (Amburgo) e leggo libri come "Springtime for Germany or How I Learned to Love Lederhosen".
Eh? No, io non imparerò mai ad amare i Lederhosen. (Né la Baviera, credo - ma d'altra parte la Baviera non è la Germania: a Monaco sono cattolici, ad Amburgo no. Dici niente.)
Però, ho degli altri buoni, banali, motivi per considerare la Germania una destinazione: lo stato sociale tedesco; la possibilità di fare politica dal basso, locale, efficace; la cura dell'ambiente; il senso civico delle persone; l'orario di lavoro clemente; le piste ciclabili in ogni dove; la burocrazia leggera; il costo delle case in vendita (la metà, rispetto all'Italia).

Ci penso, davvero, so che non mi credete, ma ci penso.

posted by frammento at 07:51  2 commenti