mercoledì, febbraio 28, 2007

Da quando io e L. non passiamo la giornata insieme, quando infilo la mano in borsa per cercare un accendino, lo trovo sempre. Non ne trovo uno: ne trovo due, tre, l'altro ieri quattro. Potrei essere diventata cleptomane con monomania specifica, nel frattempo, e invece credo sia solo l'abitudine di munirmi dell'accendino d'emergenza. Trovare tutti questi accendini mi fa una gran tristezza, se devo dirla tutta. Così adesso ho ripiegato sui cerini, almeno in casa.
Tra le cose ereditate dai precedenti inquilini delLaCasa, c'è infatti una collezione di scatole di cerini. Mentre la collezione di conchiglie è stata inscatolata e spostata in solaio immediatamente, i cerini sono stati distribuiti nelle varie (2 + 1/3) stanze e ogni tanto ne lascio consumare uno dopo aver acceso la sigaretta. I pacchetti dei cerini dicono di locali a Osaka, New York, Londra, Parigi, Shangai, dicono Elvis. Che cazzo ci stavano a fare nella popolarissima LaCasa?

Da quando abito nelLa casa a volte mi sveglio e sono Josef K. La burocrazia degli alloggi popolari è tutt'altro che leggendaria: è opprimente e poco letteraria. Eppure, ho parlato con persone molto disponibili e cortesi, quando riuscivo a trovarle. Il più delle volte mi sono ritrovata a scrivere delle lettere a un generico "Ufficio Permessi" o al fantomatico "Settore Elettrico". Nessuno degli inquilini sa mai a chi competa cosa, ma tutti sanno dirigerti ad almeno un ufficio dell'istituto che nessun altro ha mai sentito nominare.
I citofoni non funzionano da un mese, ma c'è stato un momento in cui tutti suonavano a casa di un'unica infelice inquilina (al terzo giorno si è accomodata alla finestra con un fucile da cecchino). Poi, con cadenza settimanale passano l'AEM, l'AEM gas, tolgono l'acqua, cambiano i contatori. Adesso di là c'è un ragazzetto che mi sta sfasciando la parete per spostare il contatore del gas all'esterno. Quando mi hanno rifatto l'impianto elettrico m'hanno detto, non è l'appartamento che non è a norma, è tutto il palazzo.

Eppure non è male stare qui. Nella zona dove sono cresciuta, una volta semplicemente brutta di una consapevole bruttezza, ora bruciano i motorini per vendetta, si sparano davanti alle vetrine del bar dello spaccio (che non è più di MaLìa, la mia affezionata tabaccaia cinese), sotto casa. Per tanti anni non ho mai voluto abitare in nessun altro luogo, sto bene in periferia, eppure ho sempre cercato un equilibrio tra la volontà di rendermi estranea e di rimanere.
Qui non è male. Ci sono anche i gatti nel cortile. Anche se, pur avendo i miei preferiti da coccolare, il gatto che mi attraversa la strada è sempre quello nero.

posted by frammento at 02:01  7 commenti