lunedì, dicembre 11, 2006

Là fuori si avvicendano chilometri di asfalto asciutto e di asfalto bagnato, strada che consegna alla pioggia, pioggia che consegna alla notte. I cartelli stradali si affrancano dall'oscurità per pochi istanti senza eroderla e io la consumi, guardo i profili candidi delle corsie che inseguono un orizzonte di pece. Penso, tra poco perderemo il segnale della radio e io racconterò la storia che sto ripassando, storia mollemente inquietante come un profumo dolciastro e penetrante in una giornata afosa o come un germoglio spuntato nell'acciaio o nella pelle.
Teniamo il volume così alto che sembra di viaggiare in decapottabile, che si deve gridare perché la voce attraversi l'aria, la musica, a 160 all'ora. Abbiamo cassette sparpagliate fra i piedi e nel cassetto e rinuncio senza rammarico a raccontare. Dopotutto sarei ridicola come una lettera d'amore senza ironia.
Poiché confondo dire con scrivere, ma è nella scrittura che mi sento più reale, più consistente, il mio desiderio di favole cattive tramandate a voce si sbriciola entrando in città: sotto la luce gialla del lampione una donna con due borse è la definizione della solitudine, riconoscerne la forma è il mio sodalizio con questa città sgraziata, brutale per consuetudine e non per carattere.

posted by frammento at 06:41  0 commenti