venerdì, marzo 31, 2006

Dopo la chiusura dell'anno scolastico portammo un regalo da parte della classe alla professoressa d'italiano, quella che aveva spaziature larghe tra i denti e descriveva la letteratura dell'Ottocento a gocce, benedicendo i banchi con parabole schiumose. Eravamo sedute al tavolino di un baretto di Lambrate, la secchiona, la plurisessuale, la psicotica, la gigantessa, l'irresistibile ipocrita, e quella a cui la professoressa aveva predetto infelicità. Il regalo nella plastica era uno zainetto, sul muro dietro di noi c'era la pubblicità, lo scheletro nel deserto con indosso uno zaino intatto. Sul nostro ci aveva pisciato il gatto. Era stato più un incidente che un colpo di genio rancoroso, ma in ogni caso lo venimmo a sapere solo dopo averlo consegnato. La sera eravamo in un disco-bar e io non ballavo. Allora si avvicinò il professore di filosofia in uscita con le studentesse, che m'aveva prestato un libro durante l'inverno che non avevo capito. Mi chiamava per cognome: "Allora, mi hanno detto che ti sei trovata un nuovo ragazzo". "Sarà un anno". "Come?". Presi nota. Era convinto che l'avrebbe saputo prima di me, se mi fossi innamorata. Pensava che non avrei potuto nascondere niente, come una volta, quando potevo nascondere dei macigni fra due braccia secche. "La gigantessa è al centro alla pista".

posted by frammento at 06:00  0 commenti