lunedì, agosto 29, 2005

Mi ero arrampicata sull'ultimo scaffale della mia libreria per recuperare una storia di Tabucchi che m'avrebbe raccontato di due persone vere (...), ma a terra ho riportato anche Juan Rodolfo Wilcock, stuzzicata dal recente acquisto dell'ennesimo raffinato gioiello di Enrique Vila-Matas, scrittore a cui credo di poterlo associare se non per altre questioni, quanto meno per il bizzarro enciclopedismo.
Se sapessi concentrare l'opinione che ho della mia vita in una sceneggiatura - ma pare continui a prediligere la sceneggiata - credo che di tanto in tanto questo blog sarebbe una commedia alla Llorenz Riber.

"L'altra signora prende pure lei le forbici in mano: mestamente le due buone massaie si mettono a tagliare in strisce i vestiti rimasti del signor Dachau, che ora in qualità di due conigli gira nudo, o girano nudi, nel suo armadio, alternando malinconici commenti sul tempo, sulla vita in altri pianeti e sulla morte del romanzo. [...] A poco a poco, la luce diventa gialla come un limone; di quando in quando, il nano chiuso nella valigia bussa e la moglie attraverso un buchino gli infila dei ritagli di stoffa, uno alla volta. Nell'armadio si sente invece, ominoso nella luce calante, il doppio scoppio di una rivoltella, e un tonfo, e un altro tonfo, e poi nulla.
Dalla cucina arriva un grido soffocato, come da sotto un rubinetto aperto; e un altro simile arriva dal bagno, tetra risposta echeggiante nei boschi; e infine si ode un urlo da bambino strozzato, in fondo alla valigia. Ma le due sagge casalinghe continuano imperterrite a tagliuzzare stoffe, tutte le stoffe in scena, bisbigliando poesie di Hofmannsthal."

Da J. R. Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti

posted by frammento at 15:47  0 commenti