venerdì, agosto 19, 2005

C'era quel racconto lungo di Ogawa Yoko che non mi sarebbe dispiaciuto tradurre, avessi mai la possibilità di inaugurare una casa editrice. La protagonista, è incuriosita da una singolare coppia di donne incontrata alcune volte in piscina, una ciarliera e premurosamente autoritaria, l'altra silenziosa e imperscrutabile. Una sera prende a pedinarle; dopo un itinerario disorientante si ritrova in un sobborgo pressoché disabitato, le segue a distanza fino a che non spariscono dietro un portone. Lì si trova una specie di grande armadio esagonale dentro al quale vede entrare il donnone logorroico: è la piccola stanza del titolo, cioè la piccola stanza dei racconti.
Si entra e si racconta, nessuno sa cosa.
Poi un giorno la stanza sparisce.

Una sorta di foglio bianco. Se vi entrassi, non credo ne uscirei indenne.


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