mercoledì, luglio 27, 2005

In metrò l'altra mattina c'era un tizio strano. Mi fissava con dei labbroni sporgenti.
Io mi giostravo fra il mondo delle auricolari e il mondo di un romanzo stylish, funny, black and memorable*, e contavo di barcollare nel varco fra i due, in non so quale dimensione, trasportandomi fino alle scale moquettate di verde che preludono alla scrivania. Sentivo uno sguardo diretto nella mia direzione e poi altrove e poi ancora nella mia direzione e lo ignoravo per imbarazzo, riconoscendo il movimento inequivocato e terribile, una matita su un blocco da disegno. Lo squilibrato mi ha chiesto dove potevamo esserci incontrati e mi ha mostrato il foglio dove secondo lui ero ritratta anch'io. Mi indicava una macchia di grafite, uno oscuroscuro a cui il ricorso a svariate cancellature, insicure e aggressive, aveva dato la forma di una nebulosa lucida in un universo tumefatto. Ha aggiunto che la scena disegnata era la rappresentazione di un suo sogno, e ho deciso coraggiosamente di sorridere in modo non offensivo perché avevo passato la notte a combattere la guerra dei mondi seppure, fortunatamente, senza Tom Cruise e senza Spielberg. E senza alieni, in un certo senso: piovevano però pietre gigantesche, massicci interi, anzi, piovevano châteaux des Pyrénées, quelli di Magritte. E io sapevo, lo sapevo, che era il boomerang di una colpa nostra.


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Così dice la copertina sotto il nome dell'autore e sopra il nome dell'editore - e, meraviglia, that's the AWESOME truth. Il titolo è un toponimo.


posted by frammento at 16:29  0 commenti