martedì, luglio 05, 2005

Il secondo giorno ho preso un'altra strada perché turbata dal ritrovamento del primo, e anche lungo la deviazione ne ho trovato uno. Il terzo giorno, ossessione del caso, mi ha elargito lo spettacolo più cruento su un'altra deviazione ancora: ne ho trovato uno orrendamente sfigurato. Se sfigurato si può adattare ad un piccione. Tre giorni di seguito su strade differenti, ho trovato un cadavere di piccione. Il terzo aveva il petto squarciato e immaginavo il momento in cui erano nevicate, turbinando, piume e penne, spirali di violenza, compresse a due dimensioni sul prato inglese. Per evitare di vedere lo scempio, ho reagito con un galoppo precipitoso, ergendo a paraocchi l'ultimo libro di Nick Hornby, pensando che cazzo comunque per qualcosa mi tocca essergli riconoscente. Un tempo Hornby mi piaceva, anche come persona (via, forse come persona mi piaceva John Cusack). Trovo questo libro tristemente banale. Non è l'argomento ad essere triste: è poco interessante il motore del libro , che è disanimato da un'ironia di rara opacità, e che è scritto con una inespressività irritante.

Non scaricate la colpa sulla traduzione.


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