venerdì, giugno 03, 2005

Ho appena letto in un romanzo, e mi sono appuntata che fosse nell'epilogo, qualcosa sull'effetto prodotto dalla consapevolezza del futuro prossimo, qualcosa come "ti veniva voglia di sederti e aspettarlo".
L'intuizione uguale e contraria alla mia mi ha dato da sorridere: fra tanti esiziali desideri, il più prepotente è quello di mettermi a sedere per abbandonare l'attesa. Non sono mai riuscita ad avere consapevolezza del futuro prossimo (che mi sgomenta più di quello remoto), mi pare già di strafare nel prendere d'anticipo quello atmosferico che, pure, di sensi ne coinvolge meno (non sei, se non altro): è sufficiente uscire a respirare. Eppure a volte il solo pensiero "sta per piovere", ha il suono di una romanticheria.
Qualche giorno fa tornando a casa ho incrociato una donna giapponese con un pacato bambino aggrappato al collo. Volta all'altro lato del viale, gli diceva di guardare "i cavalli alla finestra". Avrei avuto un mancamento pensando alle mie limitate capacità di comprensione giusto prima dell'esame, se non fosse che i cavalli li vedo anch'io tutte le mattine. Li vedevo anni fa quando percorrevo la stessa strada per raggiungere un altro ufficio, e adesso sono ancora alla finestra, eterni. Le tende sono scostate il tanto necessario perché della stanza si intraveda solo la sagoma bianca di un galoppo cristallizzato profilato da pareti a tinte scure.
Quella corsa dedità all'immobilità mi dà pena. Sobilla l'accensione della prima sigaretta della giornata e il desiderio di mettermi a sedere per tralasciare ogni attesa.


posted by frammento at 02:10  0 commenti