domenica, febbraio 06, 2005

Come ormai da tre anni a questa parte arriva un periodo dell'anno in cui posso mettervi a parte dei progetti criminali di una delle mie insegnanti giapponesi. Quest'anno non si è accennato alla pubblica umiliazione ma, ça va sans dire, se si profilasse saremmo pronti al sabotaggio.
Come dicevo tempo fa, mi sembra che la professoressa di quest'anno abbia abbastanza senso dell'umorismo da accorgersi empaticamente che per molti di noi (almeno, non per offendere, io) esercitarsi al ridicolo è già prassi quotidiana.
Non mi pare di dovermi preoccupare, però non si sa mai. Proprio in virtù di questo suo senso dell'umorismo singolare dopotutto ha scelto la canzone di quest'anno. Titolo: tsunami. Quando ci ha distribuito le fotocopie si è messa a ridere facendo un piccolo inchino, come per chiederci scusa dello scherzo. Ma no, non parla delLO Tsunami. Parla di un sogno, di un ricordo che è come uno tsunami. Parla d'amore, via. "Parole molto poesic... poetis... molta poesia... Ii desuka".
Capirete che avendo solo il titolo della canzone e dandolo in pasto a Internet, alla data di oggi la ricerca si fa difficoltosa in mezzo alla messe di informazioni, e. No, d'accordo, scusa infame. La versione che vi dono mi pare la più confacente. Secondo me è una séance di karaoke: il che vuol dire che è qualcosa di sfortunatamente simile al risultato che vorrebbe ottenere la nostra insegnante.
Noi comunque al quinto ascolto coatto veniamo invitati regolarmente a cantare. Testa china per non incrociare gli sguardi degli altri, un filo di voce che si assottiglia ancora maggiormente sulle irruzioni dell'inglese nigorizzato; perché poi, nel disagio generale della situazione, utilizzare l'inglese per scandire il melodramma è ciò che mette più in imbarazzo. Non so, forse perché replichiamo un'imitazione?
Se teniamo conto che oltretutto ho tendenza a scimmiottare l'accento di chi canta, bè. There’s something wrong with me. Mi è venuto in mente appunto mentre cantavo per me sola; sottoponevo a laide sevizie una canzone che adoro, I'd rather be in Tokyo/ ... / Watch the Sunday gang in Harajuku, e anglicizzavo la pronuncia giapponese - I’m a cuckoo. Il fatto che in questo caso fossero dei toponimi d'altrove mi sembrava una differenza notevole, ma d'altra parte anche l'uso insulso dell'inglese sentimentale giapponese non vorrei che (in qualche modo meno diretto) assolvesse la stessa funzione.

posted by frammento at 14:23  0 commenti