mercoledì, luglio 28, 2004

Che poi, oltre che interessante, questo esercizio di stile mi pare particolarmente attuale, considerata la polemica scatenata nei giorni scorsi dal Sunday Times per le rivelazioni su un progetto governativo britannico di schedatura dei ragazzi e inibizione chimica del desiderio di cancerose, cancerose corrette e ultraviolenza come misura preventiva per la delinquenza minorile (impossibile trovare un link in rete, Sunday Times behind registration a parte)... 



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domenica, luglio 25, 2004

coffee &
Ca***, non mi era mai capitato di ciondolare al cinema, che imbarazzo.  Di solito ero io a pizzicare con un sadismo esponenziale man mano che il braccio si assuefaceva al tocco. Non ho visto più di un quarto d'ora di film di seguito, mi svegliavo giusto sui luoghi che riconoscevo. Non posso neanche dargliene la colpa (non sono così disonesta).

E no, non era il film di jarmusch, quello non l'ho proprio visto (ecco).


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butterfly effect & sigarettes
Anni fa L. mi ha edotta sulla teoria del caos in una sessione di msn che ora come ora rileggo solo come un nostro tentativo di riporre rancorose questioni di principio per mezzo di principii:

[...] Sono equazioni contraddistinte dal fatto di non essere risolubili con una formula (come quella delle equazioni di II grado che sono certo ti ricordi...), e di cui non esiste neppure un procedimento univoco per approssimare la soluzione. Sebbene alcune siano riducibili a equazioni lineari (e quindi con una soluzione), sono così sfuggenti che trovare un procedimento per risolverne una non fornisce alcun indizio per tutte le altre.
[...] Andiamo avanti. Riesci a immaginare una figura geometrica piana con area finita e perimetro infinito?
[...] Più scienziati (matematici, fisici, metereologi) si sono accorti che il mondo è più complesso di come viene descritto dalle precise e rigide leggi fisiche newtoniane: infatti in una quantità di situazioni piccolissime variazioni nelle condizioni iniziali producono effetti enormi o rendono impossibile predire lo stato finale di un sistema. Questa sensibilità alle piccole variazioni è il primo concetto notevole: si è sempre pensato che in un esperimento o in un'osservazione ci sono dei dati trascurabili, che non avranno effetto sul risultato [...]

Io avevo appena finito di scrivergli che volersi risentire dopo un silenzio grave e protratto fosse già bastante di per sé e in qualche modo inevitabile perché la nostra amicizia doveva essere solo una scommessa senza vittime: una volta tanto consegnarsi a un'inevitabilità, rassegnarsi, poteva essere motivo di serenità. Mi stava bene pensare che avessimo delle coordinate rilevate senza criterio e che l'intervallo fra una e l'altra rivelazione avesse sospeso il (mio) continuo processo alle emozioni.
Riuscivo, sì, a concepire una figura geometrica piana con area finita e perimetro infinito, ma non riuscivo a immaginarle una forma, perché, si sa, non ho una mente matematica: mi impegnavo nella contemplazione di somme di spigoli e niente confini e in realtà si parlava di frattali.

Potevo intuire che l'altro non fosse solo ciò che riuscivo a identificare, ciò che assumevo, ma non potevo calcolare in quali termini o condannare a qualcosa di circoscritto la sua diversità. Pensavo al rigore cangiante, alle sfasature capillari che venavano di ramificazioni imponderabili ogni storia. Avrei voluto essere io stessa una narrazione attendibile che conservasse il beneficio dell'imponderabilità come criterio, come fondamento. Non volevo ricominciare alcunché, né riscrivere, né volevo giocarmi nuove bugie che tanto, tutte, conducono alla verità. Avrei dovuto smetterla di ingegnarmi per non ottenere rifiuti per la certezza che alla sola impressione di otterne, in alcuni casi, non sarei sopravvissuta. Ma questa è un'altra storia.

"Le storie consistenti di Griffiths sono state adottate nel 1984 per collegare le misure quantistiche in schemi narrativi verosimili. Una storia di Griffiths viene costruita a partire da una serie di misure rilevate più o meno a casaccio in momenti diversi. Ciascuna misura esprime il fatto che una determinata quantità fisica, eventualmente diversa da una misura all'altra, sia compresa, in un dato momento, in un certo arco di valori. Per esempio, nel tempo t1, un elettrone ha una certa velocità, determinata con un'approssimazione che dipende dal tipo di misura; nel tempo t2, il suddetto elettrone è situato in un certo arco spaziale, nel tempo t3, ha un certo valore di rotazione. A partire da un sottoinsieme di misure possiamo definire una storia, logicamente consistente ma di cui tuttavia non possiamo dire che sia vera: può semplicemente essere sostenuta senza contraddizione. Tra le storie possibili del mondo in un dato quadro sperimentale, alcune possono venire riscritte sotto la forma canonizzata da Griffiths; tali storie vengono allora definite storie consistenti di Griffiths, e si svolgono come se il mondo fosse composto di oggetti separati, dotati di proprietà intrinseche e stabili. Tuttavia, il numero di storie consistenti di Griffiths che possano essere riscritte a partire da una serie di misure è, in genere, sensibilmente superiore a uno. Tu hai una coscienza del tuo io; questa coscienza ti permette di fare un'ipotesi: la storia che sei in grado di ricostruire a partire dai tuoi ricordi è una storia consistente, giustificabile nel principio di una narrazione univoca. In quanto individuo isolato perseverante nell'esistenza per un certo lasso di tempo sottoposto a un'ontologia di oggetti e di proprietà, su questo punto non hai alcun dubbio: si deve necessariamente poterti associare una storia consistente di Griffiths. Questa ipotesi a priori vale per il campo della vita reale, non per quello del sogno"  

Michel Houellebecq, "Le particelle elementari"


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venerdì, luglio 16, 2004

Recentemente avevo fatto voto di non scrivere più un solo post con un destinatario  specifico, ma è un impegno impossibile da onorare. D'altra parte avevo fatto voto di non venire a patti con quel manipolo di dizionari della libreria internescional, e anche questo si è rivelato uno sforzo propositivo inane (la sconfitta per una questione di voti dovrebbe indurmi a una verifica, ma dubito che ne trarrei qualcosa di rassicurante e poi dovrei almeno aprire un altro blog, ad interim).
L'ultimo di una serie di acquisti inutili è questo Oxford Dictionary of Catchphrases, che mi sta distraendo dalla frivolezza dell'inviaericevi.
Chevvelodicoafare (ad esempio), cerco l'immedesimazione anche nei lemmi di un dizionario e questo dovrebbe essere significativo di per sé.
La cognizione si fa pesa per il desiderio strenuo di un coraggioso candore:

because it's there...
A reason or, at times, a defiant reply, given for doing something which cannot be easily justified. It is the simple existence of the thing or challenge that motivates the doer and justifies the action. Chiefly associated with the British mountaineer George Leigh Mallory (spoken in a 1923 interview, in response to 'why do you want to climb Mount Everest?')

surclassato da una permalosità vigliaccamente tardiva, anche se in parte comprensibile:
 
captain, I see no reason to stand here and be insulted
Spoken by Commander Spock on the original Star Trek Tv Series (1966-9). [...] A half-human, half-Vulcan with pointed ears and arched eyebrows who was ruled by logic, Spock was both  intriguing and touching as a character who wrestled with the human side of his nature and was both drawn and afraid or disdainful of his human 'feelings'.




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lunedì, luglio 12, 2004

Per sapere, senza sapere, dicevo. Odio sapere che le corde vocali mi stanno fremendo per favorire un vaffanculo senza sapere se è legittimo.

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Erano anni che non ne varcavo la soglia e questa mattina sono entrata in un MacDonald's - siete già pronti ad accusarmi di mancare di coerenza, ma non sono entrata nelle vesti di cliente (di cliente o meno, all'uscita le vesti erano miste. come fritture miste).
In fila alla cassa ho riconosciuto una cascata di riccioli e la dentatura perfetta per giurare un sorriso sincero, sono entrata e ho picchiettato sulla spalla la mia presenza in codice morse invece che tirare dritto.
Dopo aver costretto la dentatura perfetta in un cerchio perfetto effetto sorpresa, scostando la cascata di riccioli V. si è chinata su un passeggino e ne ha estratto il figlio di quattro mesi per presentarmelo. Era il suo turno e richiamata dalla cassiera ha frettolosamente accollato il pargolo a un'altra cascata di riccioli disciplinata da una lunga coda: "F., tieni un attimo il bambino". Io, serialmente, ho domandato: "F.?", "F.??", "F.???". Mioddio, questi capelli lunghi, la coda, un bambino in braccio, quasi non la riconosco. Lei: "no, V. aspetta, come si...". La vedo prendere il bambino come se dovesse portare una borsa della spesa strabordante, cercando di contenere braccia e gambe che sfuggono, sacramentando nel vedersi impacciata. "F."

Che leggero, che male, mi soprende avere nostalgia: mi soprende al punto da sembrare un sentimento recente e poco attuale, come se mi fossi negata di attingere ad altro che al presente per sapere che so sentire.
Io e l'altra V. fingevamo la gemellarità dizigotica benedetta da don Lurio senza saper ballare e poi giocavamo giochi di ruolo senza saper giocare e bevevamo il Porto a bottiglie senza sapere la gradazione.
Per sapere, senza sapere. Nostalgia della nostalgia, e tutto è nostalgia.

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sabato, luglio 10, 2004

Grazie alla faccenda delle multe multiple, credo che nella rubrica "Il termometro della criminalità" del giornale di quartiere (Zona9) ci si riferisca specificamente alle mie vicende famigliari.
Dice: Rapine - Giugno '04: 2.
Il numero di multe precedentemente dichiarato ammontava a quattro, lo so. Ma le altre erano fuori zona.

Potreste pensare che io scarichi il barile, accusando il Sistema di profittare della nostra perenne distrazione, ma non è esatto. Sto ancora cercando di recuperare un dialogo pacato con mio padre, e visto che ormai la tattica dello stradario - lo coinvolgo in un'appassionata discussione su quale sia la Via che nelle mie intenzioni sarebbe una banale via Xyz, ma lui indica ottuplici sentieri - è stata smascherata, mi tocca attingere al sempreverde (sempre al verde?) filone dell'invettiva contro la Polizia Municipale.

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venerdì, luglio 02, 2004

Allora è cosa certa. Come ho sviluppato una divertita dipendenza da chi rivela il futuro Internazionale (che sia un'illazione morfologica? ovviamente sarebbe un'occorrenza verbale imbastardita da flessioni di condizionale), mi designo destinataria di chi, più e più volte dice il presente, almeno dopo la pausa pubblicitaria. Anche se di solito baratto i più prudenti progetti di vita con i fallimenti, gratis e senza ingegno: diciamocelo, finiscono tutti in surrogarette.

 

surrogaretta, cilindro di carta consacrato alla combustione di un condensato di smacco e monofisse* in copiacarbone: combustione forse, ma non è certo, più serena se con filtro

 


* cfr (quasi relig.) monofisime

Io di jazz, musicalmente, so poco e niente, ma sono avida di storie di jazz.
Martedì, ascoltando Thelonius Monk secondo Benni e Petrini, pregustavo di andare a ripescare uno dei miei passaggi di G.Dyer preferiti:

"E la gente sa anche che questi pensieri non rappresentano alcun tipo di rivelazione, perché ormai sono diventati parte della stessa routine di sopportabile disperazione, un riepilogo che si dissolve continuamente nella quotidianità"

(in "Natura morta con custodia di sax", Instar Libri)

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