mercoledì, novembre 10, 2004

Da un ragazzo vengo a sapere che alla prova orale del Cambridge Proficiency l'immagine che gli hanno sottoposto, con l'intento sfacciatamente preterintenzionale di castrare la sua intraprendenza verbale, era la foto di una finestra aperta sul deserto. Sento un ghibli soffiarmi all'orecchio torride minacce: you are supposed to speculate.
Per quel che mi riguarda scavalcare il davanzale sarebbe farmi incastrare in un aberrante gioco di miraggi, preda del miraggio assoluto, il superamento della prova.
Con un discorso appassionato, magari potrei.
Anche se a dire il vero sono autorevolmente sconsigliati, per esempio da Martin Amis:

"Un discorso appassionato. A voi non sembra una cosa straordinaria? Oh ma lo è. Provate a pensare all'ultima volta che ne avete fatto uno. E non mi riferisco a "Bè, secondo me è assolutamente disdicevole" o "Sei tu che hai tirato in ballo la cosa" o "Sparisci in camera tua, fila a letto". Sto parlando di discorsi: discorsi appassionati. I discorsi non avvengono quasi mai. E' ben difficile che ne pronunciamo o ascoltiamo uno. Avete idea di come siamo negati per i discorsi? "Marius! Marco! Siete due... Siete davvero due!" Visto come roviniamo tutto? Saliviamo e ripetiamo.
[...] *
Dunque, il suo discorso appassionato. Un discorso appassionato, che si srotola, con pensieri e sentimenti tradotti in dramma delle parole. Un discorso appassionato, che è quasi sempre una mossa sbagliata."

Questo è il problema. L'essere o non essere del discorso appassionato. Sarà la solita mancanza di pragmatismo,la titubanza, oppure uno sbuffo di frivolezza: ci si fa scudo della performance esteticamente (cenestesicamente?) memorabile per dimenticare il risultato.
(Ennesima reprise barthesiana) "è un appassionato che parla e che dice..."

*qui si parla di esprit de l'escalier, cioé senno di poi. è il senno da mò che mi fa tagliare.

posted by frammento at 13:48  0 commenti