giovedì, ottobre 28, 2004

ancora sui nomi
Sono andata a comprare le sigarette al tabacchino sotto casa, che ha un gestore italiano dall'aria sfatta e forforosa e un numero non precisato (per lo meno al fisco) di lavoranti cinesi dall'aria cisposa e impaurita - entrando hai sempre l'impressione che facciano un grande sforzo per contenere l'impulso di nascondere la testa sotto il bancone. Di una sola di loro si può dire che stia dietro il bancone, perché è l'unica che ha accesso ai tabacchi e al denaro, anche se in realtà non ci sta mai: di solito è seduta al tavolo con gli avventori di sempre, gli habitués di quartiere, quelli che una volta invecchiavano a lato del biliardo monitorando il bicchierino sul bordo e adesso giocano a carte a tempo indeterminato vegliando la bottiglia al centro del tavolino (qui Cézanne prenderebbe una sbandata realista). Di solito quando entro lei si alza tenendonsi la schiena come se dovesse sollevare un ventre abnorme e si dirige verso la tabaccheria sciabattando. Ieri ha messo prontamente sul banco le Gauloises condannando il mio saluto a uno iato innaturale.
"Però una volta fumavi Mallboro".
"Uh, ma son passati anni...".
"Aaa ma vedi, il ricordo...".
L'ho fermata prima che partisse per un sognante amarcord di quando mi vedeva praticamente più di mia madre:
"E' tantissimo tempo (mi hai visto crescere e gettare letteralmente i soldi in fumo) e non ho mai saputo come ti chiami".
"Maria" - a onor del vero, ha detto Malìa, e sarebbe stato un bel nome, per quanto impegnativo.
"Ma il tuo nome vero?" Idiota che sono.
Lei ha pronunciato una parola oblunga piena di sillabe tonali che effettivamente non sono riuscita a cogliere, ma su cui non ho insistito perché l'ha esalata in una smorfia di plateale insofferenza. Sono uscita blaterando come scusa che prima o poi inizierò a studiare anche cinese.
Dico, sì, sono idiota. Quale nome dovrebbe essere più vero se non quello che si è scelta da sola?

L'altra sera mi ha chiamato il mio amico L. e io ero in un negozio della Chicco a cercare un regalo per la figlia di una mia amica, al cui battesimo sono stata invitata. Fra una citazione pirotecnica del mio antico repertorio patetico-epistolare (a scopo imbarazzo) e una dichiarazione politica inconsulta (a scopo litigio), mia madre, che mi accompagnava, ha fatto scattare almeno dieci volte la sirena antitaccheggio sventolandomi sopra la porta allarmata i completini pastello.
Ecco, mentre parlavamo m'è venuto in mente che forse non sono mai stata a un battesimo, per così dire, dal vero. Ne ho visti in tv, ne ho visto parte, magari perché ero in visita a una chiesa per interessi artistici mentre si svolgeva una funzione, ma soprendentemente ero riuscita a schivare partecipazioni.
Sono affezionatissima alla mia amica e alla figlia, ma è noto che le cerimonie le subisco - e insomma per farmi coraggio, ho considerato che dato che non ne ho mai visto lo considererò come un interessante ed esotico evento, a cui prestarmi con curiosità antropologica, come andassi a un bar mitzvah o a un matrimonio hindu.
Dio, le radici cristiane dell'Europa.

posted by frammento at 14:44  0 commenti