mercoledì, agosto 04, 2004

I wasn't meant for the stage
Che se stage lo volessimo leggere alla francese non sarebbe comunque errato - almeno de facto - ma io stavo solamente storpiando un titolo anglofono.

Il fatto che mia madre sia caposala in Cardiologia ha segnato in vari modi la mia infanzia.
Ad esempio a Natale, guardarla scalare e scartare montagne di pacchetti aveva quel sapore di penitenza che mi sfasava al punto da chiedermi dove ci avrebbe portato il giorno dopo la gita di pasquetta.
Ad esempio, non mi ricordo che mi sia mai stata nascosta, perifrasata o parafrasata, la mortalità delle persone e delle cose. E per compensare la prematura adesione al mono no aware, poi è stato adottato un riserbo pudico e (auto)cannibale per certe manifestazioni di malessere.
Ad esempio ho assistito a processioni di ipocondriaci che venivano a lamentare, a
consultare, a cercare un conforto e un posto in lista di attesa, stendevano radiografie sul tavolo come fosse una spianatoia e vi riversavano blister, capsule, boccette, telefonavano in piena notte o all'alba in lacrime o si presentavano alla porta in ambasce.
Per via della mia presunta familiarità con ospedali, medici, Ippocrate e Panacea molti si rivolgevano a me come se avessi potuto impiantargli un pacemaker sull'uscio, quando io potevo al massimo dimostrarmi compatente e non sempre lo ero, e mi imbarazzava la mia impietosità.


Non godo a fare l'impegnativa. Non conosco gli orari di visita del mio medico di base - sarebbe quasi più corretto dire che non conosco il mio medico di base. Non ho il terrore degli ospedali ma preferisco altri centri d'aggregazione - si fa per dire, è notorio che mi aggrego di rado.
Tuttavia mia madre, altrimenti molto sobria nel manifestare professionalità in famiglia, incorre, fortunatamente, in paranoie periodiche e ieri ha costretto me e mio fratello, che abbondiamo (sul corpo ma non sul viso, dove sarebbero così carini) in piccoli nevi ed efelidi, a una visita di prevenzione oncologica.
Rimuginando sul fatto che lentiggini in inglese sarebbe "freckles" ma nel mio caso si traduce "freakles", sono entrata nell'ambulatorio. Proprio per la mia avulsione dall'ambito medico, trovarmi stesa su un lettino mentre un tizio procedeva a una mappatura epiluminosa del mio corpo facendomi rollare fronte-lato-retro con l'imposizione dell'indice, era una situazione ad alto potenziale metafisico. Per cui quando il medico ha sentenziato enigmaticamente "Sara ha una predisposizione artistica", pensavo l'avesse letto nella mappa dei miei nei, magari vedendo cosa veniva fuori unendo tutti i puntini con la penna ottica.
Allora ho rivisto alcune scene dei giorni passati: io che ieri mattina gustavo, tutta
invidia, un(a) graphic novel, A. che mi dice "ma come non sai disegnare, ma se quando venivamo a casa tua da piccole ci disegnavi le storie e io le conservavo e ogni tanto mi escono ancora dai cassetti?" e F. che rivedendolo dopo mesi mi chiede "allora l'hai scritto il tuo primo libro*?"
E insomma, chiariamo, io davvero non so disegnare e non sto scrivendo e temo non saprò (eh) mai scrivere nessun libro. Ma sentirsi dire da uno specialista che hai una predisposizione artistica, bè, rianima. E corsivi nosocomici (umorismo ospedaliero di bassa lega, n.d.b.) a parte, mi avrebbe davvero rianimato, se la risposta "si vede dai capelli" alla mia gongolante curiosità, non ci avesse trascinati nel più facile citazionismo "Presto dategli...Cosa, dategli cosa? Cerchi di mimarlo, quattro sillabe, prima sillaba, suona come... Se? suona come me? te? se? Se..."
Bastardo. Lo sapevo bene che ieri l'insonnia, contro il cui potere la spazzola non aveva potuto niente, mi aveva regalato i capelli di Andrea Lucchetta.

* e non è l'unico. ma, chi vi ha messo in testa che lo stia facendo? chiii?!

posted by frammento at 07:09  0 commenti