lunedì, luglio 12, 2004

Erano anni che non ne varcavo la soglia e questa mattina sono entrata in un MacDonald's - siete già pronti ad accusarmi di mancare di coerenza, ma non sono entrata nelle vesti di cliente (di cliente o meno, all'uscita le vesti erano miste. come fritture miste).
In fila alla cassa ho riconosciuto una cascata di riccioli e la dentatura perfetta per giurare un sorriso sincero, sono entrata e ho picchiettato sulla spalla la mia presenza in codice morse invece che tirare dritto.
Dopo aver costretto la dentatura perfetta in un cerchio perfetto effetto sorpresa, scostando la cascata di riccioli V. si è chinata su un passeggino e ne ha estratto il figlio di quattro mesi per presentarmelo. Era il suo turno e richiamata dalla cassiera ha frettolosamente accollato il pargolo a un'altra cascata di riccioli disciplinata da una lunga coda: "F., tieni un attimo il bambino". Io, serialmente, ho domandato: "F.?", "F.??", "F.???". Mioddio, questi capelli lunghi, la coda, un bambino in braccio, quasi non la riconosco. Lei: "no, V. aspetta, come si...". La vedo prendere il bambino come se dovesse portare una borsa della spesa strabordante, cercando di contenere braccia e gambe che sfuggono, sacramentando nel vedersi impacciata. "F."

Che leggero, che male, mi soprende avere nostalgia: mi soprende al punto da sembrare un sentimento recente e poco attuale, come se mi fossi negata di attingere ad altro che al presente per sapere che so sentire.
Io e l'altra V. fingevamo la gemellarità dizigotica benedetta da don Lurio senza saper ballare e poi giocavamo giochi di ruolo senza saper giocare e bevevamo il Porto a bottiglie senza sapere la gradazione.
Per sapere, senza sapere. Nostalgia della nostalgia, e tutto è nostalgia.

posted by frammento at 10:08  0 commenti