venerdì, giugno 25, 2004

"Si fanno delle guerre, solitudine contro solitudine. Feriti affrontano feriti, e l'amore è la posta in gioco. Ciò che si rimprovera all'altro, non è che condivida la stessa ferita, è che abbia trovato gli stessi rimedi. L'amore è quando uno crede che l'altro abbia trovato una cura diversa, e che lo guarirà. Ma la maggior parte delle volte lottiamo contro esseri che ci assomigliano troppo, che soffrono quano noi, e in questo sono imbattibili."

Pierre Mérot, Mammiferi

L'altra sera ero a cena da un'amica e a una certa ora è rientrato il suo compagno. Abbiamo scambiato qualche parola, poi lui ridacchiando mi ha detto che mi consigliava un libro e si è ritirato in camera lasciando il titolo sospeso a mezz'aria. Io mi sono voltata verso la mia amica per verificare la sua complicità e lei ha cominciato a raccontare: la trama in generale, ma anche episodi specifici. Di un libro che non ha letto, ma che lui ha narrato, condiviso.
E ci siamo baloccate con interpretazioni, intenti, eufemismi e perifrasi. Di un libro che nessuna delle due ha letto.
Mi sono morsa le labbra per sfuggire a quella pericolosa amnesia che altro non è che pessimismo conico

 

pessimismo conico, (fig.) forma di pessimismo di cui si constata una parte minima, ma di cui si intuisce un'estensione sommersa molto ingombrante (analogo alla forma dell'iceberg come del gelato immolato sull'asfalto)

 

(ssst, sto cercando di fare una tassonomia di pessimismi: colico, copyco, cubico e al limite anche cotico)

perché stavo di nuovo scivolando sulla questione sbagliata. Mentre la guardavo raccontare, ogni tanto gettando una voce all'altra stanza per sincerarsi di alcuni particolari, mi sono domandata quale parte di loro stesse nutrendo il romanzo, gli stesse dando lustro: è lui un dannatamente abile narratore o lei una grandiosa, capace, ascoltatrice? Ma era, appunto, una questione inopportuna. Si trattava solo di prendere atto di una disarmante armonia nel curare i racconti.

L'armonia è il principio ispiratore di buona parte delle filosofie e discipline orientali ed è di una crudele armonia, in fin dei conti, che penso testimonino le splendide stagioni di Kim Ki-Duk.
Ma siccome mi intimidiscono la mia ignoranza e la mia scarsa perspicacia mi faccio scudo di frammenti per annotare quanto posso della bellezza di questo film, dandole un corpo, seppur di pietra, nelle statue zoomorfe all'entrata del piccolo tempio. Si trattava di un eremo buddhista, ma io ritorno a quanto letto dei templi Shinto, di solito protetti da due guardiani di pietra, incrocio prodotto dai secoli di un leone e un cane*, uno con la bocca aperta e l'altro chiusa, uno chiamato "a" e l'altro "n", poiché a è il primo suono del sillabario e il suono del primo respiro, n è l'ultimo suono del sillabario, nonché il suono dell'estrema esalazione: in giapponese, "respiro a-n" è un'espressione che indica una profonda, perfetta sintonia, un'unico respiro, l'armonia.

* surprise! almeno non ero completamente fuori luogo, dato che sono anche detti "cani coreani" - non lasciatevi andare a facili battute: questo non vuol dire che siano commestibili

posted by frammento at 08:10  0 commenti