sabato, giugno 12, 2004

In libreria ho agguantato un libro incuriosita dal titolo e dalla neonata casa editrice. Convinta di averlo fatto carambolare involontariamente l'ho rigirato un paio di volte prima di accorgermi che era stato rilegato al contrario. Ho accertato la pari quantità di copie difettose e copie sane, e dopo essere rimasta avvinghiata al primo racconto, ne ho portata a casa una upside-down (perché carina?):

"Me stesso?"
Gli sarebbe piaciuto essere se stesso. Non avrebbe voluto essere Jackson Pollock l'Artista, ma non era una cosa facile. Innanzitutto c'era la paura di ciò che sarebbe potuto accadere se fosse stato se stesso, cosa che, quando tentava di immaginarla, gli dava la sensazione di precipitare in uno spazio senza peso. E non gli piaceva. [...]
"Sono qui" le disse "Questo sono io."
Ma lei non lo sentiva. Continuava a guardare la parte vecchia, la parte falsa, la parte che lui detestava. Era quella la parte che percepiva. La ragazza allungò un braccio e prese la parte falsa per mano e disse: "Dai, andiamo."
Jackson sussurrò tra sé e sé: "Non te ne andare". Poi smise.
"Dai" disse lei, "andiamo."
"Non te ne andare."
"Dai" disse lei."
"Non te ne andare..."
[...] Lei se lo stava portando a casa, ma aveva scelto l'uomo sbagliato. "Pensa di aver preso me, ma quello non sono io" si disse. "Questo sono io. Questo qui. Eccomi."

[John Haskell, Io non sono Jackson Pollock, Bookever]

Voglio dire, immedesimarsi è al solito un tormento perché potrei essere la ragazza come potrei non-essere-Pollock, e questo vorrebbe dire in parte anche essere-Pollock. Ma in realtà va bene comunque, se accantoniamo la mia inettitudine artistica: dopotutto non faccio altro che drip-meanings.

posted by frammento at 19:03  0 commenti