martedì, aprile 20, 2004

Io non chiedo mai niente.
Quasi mai. Ma con tutti i desideri espressi quest'estate all'ombra des jeunes filles en fleurs e en chador ultimamente ho la tendenza a resistere a tutto fuorché alle predizioni. Irriducibilmente, anche davanti alla descrizione "PSICO-TAVOLO - Chiromanzie digitali, con un tocco di sadismo". Sarebbe mortificante se non si vociferasse di umorismo patafisico ectoplasmatico - a cui in parte sono grata dato che il surriscaldarsi del parapsico-tavolo ha fatto almeno riacquistare alla mia mano una temperatura che l'aveva abbandonata appunto l'estate scorsa.
Cos'è l'Interaction Design?
Una risposta potrei trovarla nel libro di Sedaris che ho aperto a pagina 23 per giocare con Macubu, qualche racconto più avanti:
"La gente potrà... potrà..."
Nel formulare le sue utopie, mio padre regolarmente raggiungeva un punto in cui le parole gli venivano meno. Al pensiero di questo ineffabile qualcos'altro il suo sguardo si faceva sognante e gli occhi gli brillavano. "Voglio dire...Dio!" commentava. "Riuscite a immaginarvelo?"

Un'altra potrebbe essere l'immagine di un mio amico, sabato, che arranca su un concetto e alla fine butta lì: "voglio dire, adesso g. (sua figlia) è... è... più interattiva". Procreare nel Bello (ma che c'entra? maledetto Jarry).
Insomma, l'Interaction Design deve essere qualcosa che provoca un certo affanno fàtico. Però dovrebbe essere anche qualcosa che renda meno insidiosa la via delle nuove tecnologie. Per esempio quando sbatto la testa contro la parete sperando in una qualche rivelazione potrebbe accendersi la luce o partire un requiem. Oppure quando sono al telefono invece di fare ghirigori sul bloc-notes o segnali di fumo con la sigaretta potrei, sfiorando la superficie del mobile, inviare richieste di soccorso luminose. Poi, se non fossi vergognosa, nel ventre del pallone Ciccio che custodisce gli audiograffiti registrerei la versione sonora di quella foto che ho sempre invidiato all'oste Aldo: un disarmante "è un momentaccio" fissato (poco momentaneamente) a pennellate su un muro.
Quando mia madre si avvicina a una novità tecnologica a casa cerchiamo riparo sotto elementi portanti e io a volte immagino una roulette nell'oblò della lavatrice (credo che c'entri con l'imprevedibilità dei miei bucati, spesso rien ne va plus). Dev'essere per questo che trovo queste mostre meravigliose, perchè permettono di testare le nuove tecnologie giocando. E mi pare che anche la nuova accompagnatrice abbia gradito l'aspetto ludico: o almeno, io un certo punto l'ho vista rimbalzare su un pallone Pon-Pon in una forsennata partita a PacMan con alleata tedesca...

posted by frammento at 00:36  0 commenti