venerdì, maggio 30, 2003

[A volte dicono]
Già, già, che tristezza i pattern che si ripetono, che si replicano, che si rincorrono matematicamente fedeli, che tristezza la perfezione, la misura. Quant’è più feconda l’imperfezione, quant’è soave l’indugio, quant’è deliziosa l’ingenua inosservanza delle convenzioni.
[ma poi]
Riflesso nel vetro scuro lercio delle porte, il rimbalzo fra queste e un passeggero paziente è un’oscillazione perpetua che genera un altrettanto perpetuo profondersi in scuse e rassicurazioni. Al riflesso che scruta con disappunto il suo ritratto opaco, l’espressione ostinatamente seria risulta quasi ottusa, di una serietà ridicola - così filosoficamente corrugato. Cerca una mediazione: è rimasto talmente affascinato dalla definizione “patetico discreto” nel libro di RB, che si sente autorizzato ad interpretarla scrupolosamente per un pubblico di accaniti monovidimatori. Controlla che un lembo della camicia penzoli pateticamente da un solo lato, i capelli scompigliati naturalmente in modo innaturale (quasi soprannaturale, post-esorcismo), calpesta un piede di lusso vestito, oppone la minima resistenza possibile all’attrito in modo che il suo zaino (sempre pesantissimo e poco pratico) ondeggi pericolosamente vicino a un cranio ottuagenario (dall’ondeggiare poi mesmerizzato) e infine, schiantandosi sulla porta mentre si stanno aprendo le sue automatiche metà, evade. Cazzo ho sbagliato ancora fermata



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Signor Gonio, ieri ho visitato il Suo blog e ho notato una citatjia non pretentjiosa (vabbè, un link) della mia maniera.
Mi rendo conto di essere un'ingrata loscocoscrittrice ma pubblico qui oggi un Adelphake ispirato a Lei (dato che sul Suo blog ho scoperto appunto l'esistenza degli Adelphake).
Spero non se ne abbia a male, qui è una pessima giornata.

La pensione di M.me Splindèr ospita sui suoi server insieme a Personalità Confusa (ambiziosa mercante di maglieria) e Spiritum (saggio sherpa star), il signor Gonio, amorevole genitore di un figlio giusto e di uno iniquo, Attizzatoio e quIntostato. Dopo un attacco fuffoplettico, in preda a neurodelirio (sentiva le voci, dicono 10000) e ormai completamente preda dei fumi dell'oZZio, decide di cambiare le sue disposizioni templatestamentarie e inaugurare il nuovo corso negoti...

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forever is our nevermore
e adesso, alienato
dismission is the only one sweet moment..?

...
[un po' d'amarezza]



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mercoledì, maggio 28, 2003

(via Proserpina) Fragment's graffiti:




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Volevamo essere i queentet ma eravamo solo in due

Il mio collega alienato (e poco ALLENATO roby10) mi chiede cosa ne penso di una sua cover abbozzata:

[ultima release approvata]
There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that break our balls (italianismo), yet slept in by us
Who wants to work forever
Who wants to work forever
********
There's no chance for us
It's all decided for us
Lunch-time's the only one sweet moment set aside for us
Who wants to work forever
Who wants to work forever
********
Who dares to work forever
********, when you must cry


bè, cosa ne penso. non posso esimermi dall'aggiungere il mio conTRIBUTE accorato:

But carve my disk with your bits
Touch my keys with your fingertips
And we can surf forever
And we can shirk forever
Forever is our today
Who wants to work forever
Who wants to work forever
Forever is our today
Who works forever anyway?


* in questo caso "accorato" è nell'accezione

 

accorarsi, v. intr., aggiungersi repentinamente al coro

 



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Il 28 maggio


Frammento fu,


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lunedì, maggio 26, 2003

Ah, sono dunque disperata, è lunedì e la mia mente di notte non ha saputo assoldare altro che spiacevoli agenti ansiogeni per infestare la settimana. Si necessita una soluzione rapida e radicale. Invierò per postacelebre

 

postacelebre, s.f., servizio di recapito corrispondenza indirizzata a VIP (voraci incettatori patofili)

 


la mia richiesta di soccorso a chi di dovere, sperando che sappia lavorare di prevenzione, perchè non credo che ce la farò a sopportare che al prossimo matrimonio proprio di fianco a me aggiungano un posto a tavola, prima così zen nella sua incompletezza, e ne affidino la disfatta estetica (dei maroni) di note chicchezie

 

chicchezia, s.f., i motti e gli spropositi
di un'anziana parente

 


[postacelebre da maxmem e chicchezia da bruno (grazie, fra un po' organizzo l'archivio!)]



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giovedì, maggio 22, 2003

Stamattina guardavo il telegiornale e nella consueta rubrica sulla Storia manifestatasi in questa data, si parlava della fondazione dell'Actor's Studio. Involontariamente il giornalista ha suggerito un termine da inserire nella mia raccolta.

 

stanislavinskij, s., [da Stanislavskij, Kostantin Sergeevic e Stravinskij, Igor] metodo per l'apprendimento della recitazione basato sul realismo psicologico e sulla partecipazione emotiva indotta da una cura Igor *

 


* vedi

Mi immagino lunghe e sfibranti sessioni di recitazione, in cui un insegnante logorrauco impartisce lezioni su come farsi investire dalla portata psicologica dei propri personaggi.

 

logorrauco, agg.m., persona che preda di un inarrestabile flusso di parole, riesce ad arginarlo solo attraverso il completo logoramento delle corde vocali

 


Logorrauco è una geniale donazione di alfo.



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martedì, maggio 20, 2003

Come Moha?

Non capiscono loro, io sto bene
sto proprio bene qui dove sono, perchè un giorno di questi
io diventerò, diventerò, diventerò...

Ho intenzione di prendermi tutto il tempo del mondo
valutare ogni cosa per bene, anche i miracoli
e di stare in guardia, se possibile più attento, più guardingo,
contro quelli che peccano contro di me
contro quelli che mi fregano la vodka,
contro quelli che mi fanno male

Sì, sì, Carver, ancora, sì. A volte ci ritorno.



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Voi non sapete che cos'è l'amore – è la notte che vi riempie di sussiego, lo sfinimento complice vi fa più affini e vigili e quella scrittura è un sodalizio con la crisi epatica, consumate sigarette mercanteggiando col silenzio un sonno madido, più affini e supplici, davanti alla parola che stordisce e annienta, istupiditi.
L'amore non è prosa da affidare alla mattina, la mattina si preparano le cose solite della giornata e l'amore no, se l'amore si presentasse adesso non lo sapreste riconoscere, che le amniotiche visioni in fase rem indecifrate e strascicate sommano passi trepidi, i residui temporaleschi sulla strada sono un baluginìo di determinismo e la luce troppo sapida fa impallidire ogni evidenza - nessuna evidenza dal contagio del quotidiano, un albeggiare protratto a oltranza, mal concesso, mal masticato, infilato forzato in un tumulo di certezze.


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lunedì, maggio 19, 2003

Se partire è un po' morire stamattina vorrei agonizzare a un gate di Malpensa, aspettando la miracolosa guarigione serbata per me da un qualsiasi altrove. D'accordo, è un'affermazione poco consona al momento, poi dicono non è sempre bene che i proprio desideri si avverino - ecco, magari meglio agonizzare all'aeroporto di destinazione, chè poi mi riprendo appena uscita dall'area non-fumatori.
In ogni caso, diciamo che depennando qualche meta palesemente incandidabile, sarei disposta anche a cedere momentaneamente la mia intransigenza di viaggiatrice indipendente e fiera ("alla cazzo") anche per un pacchetto (parola oscena) all-inclusive in località vagheggiata dalla nostra cocienza da clima temperato come il più indolente dei clichés.
Aiuto.


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venerdì, maggio 16, 2003

frammento Anno 0.



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mercoledì, maggio 14, 2003

Pensavo. Potrei apporre di tanto in tanto un riquadrino e piazzarci dentro le stunt-words che arrischio perseverando quotidianamente (et diabolicamente).

 

celebruty, s.f., visibilità pubblica accompagnata (se non addirittua scaturita) da manifesta rozzezza

 

Qualche tempo fa, conversando (via mail) con un noto blogger(!) avevo coniato:

 

falsificazzeggio, s.m., particolare varietà di disimpegno giustificata dall'analisi della teoria popperiana falsificazionista, scopo immedesimazione

 


Lui, ignaro, adesso ne è a parte insieme al resto della mia blogonicchia

 

blogonicchia, s.f., raggruppamento di presenze che trovano riparo abitualmente nella stessa porzione di blogosfera

 


Insomma, facendo largo uso e abbastanza scellerato (ma mai quanto) di neologismi volevo ufficializzare la prassi, tutto qui.
E poi mi sono sempre piaciute le note a margine alla Generazione X


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martedì, maggio 13, 2003

Ho notato che l'insegnante di lingua, nell'illustrarci gli ideogrammi, ha la tendenza a presentarcene il radicale come faceva (fa? non ne ho idea fortunatamente) la zingara catodica; mi aspetto sempre di sentire quel "blimp" mentre si gira e dice "radicale 169: il cancello".
Ma forse è solo un'associazione mentale, dato che di solito ce li illustra in fascia preserale.


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venerdì, maggio 09, 2003

Michael Collins ha un nome decisamente topotipico. Michael Collins lo scrittore, irlandese.
Michael Collins lo scrittore, irlandese, ha un nome decisamente topotipico, tanto da immaginare sui suoi romanzi delle ripercussioni topiche.

E invece scrive d'America, e ne scrive bene, ma lasciamo stare: volevo solo quel po’ di "ritmo, ritmo, ritmo", perché il ritmo è una delle cose con cui questo libro mi ha avvinta. Mi ha avvinta col ritmo e col disincanto, anzi: col ritmo del disincanto.
Infatti le bracciate nella vasca della piscina, le immersioni che sospendono l’incedere sfibrante degli eventi sono crediti di respiro per il protagonista e per il lettore abbrancato da una scrittura affannante, amara, demistificante. E’ noir, è blue. Forse. E' stille paglierine vischiose di vertigine alcoolica e grevità atmosferica - la sfumatura del ristagno, portata addosso come una cappa e squartata, brandelli di colpa dell’individuo e della società.
Un bel libro.

E questo è filmico:

[..] l'agitazione repressa di uomini che volevano dirle qualcosa, di uomini che sbadigliavano sguaiatamente, di uomini che fischiettavano fra sé, di uomini che tamburellavano sul banco, di uomini che smuovevano i piedi, di uomini che facevano crocchiare le nocche, di uomini che sfogliavano rumorosamente il giornale, di uomini che continuavano a dire: "Già, già, già", di uomini che ogni tanto emettevano un lungo sospiro, di uomini che ripetevano "Cazzo", di uomini che dicevano "Meeeerda", come se le parole gli uscissero a fatica di bocca, uomini che schioccavano la lingua, che si toglievano la dentiera e se la rimettevano...Erano tutte maniere per inviare richiami di accoppiamento. La luce innaturale della vita in quel locale, in quella specie di provetta, in quella fottuta incubatrice di lussuria, era come un servizio televisivo sulla vita dei ragni o degli insetti […]





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giovedì, maggio 08, 2003

Confesso che ancora non avevo visto questo straordinario gonio.
Che faccio, prendo arie da sciantosa perchè m'ha definito "sofisticata"?

E soprattutto, questa confessione non dovrei farla nel luogo preposto?


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martedì, maggio 06, 2003

Qualcuno era gongolante per la possibilità offerta dal mio corso di potermi redarguire scuotendo l'indice la domenica perchè mi trovo recidivamente regolare a fare i compiti all'ultimo momento.
Le ultime nuove dall'aula 18 danno per immanente la cessazione di tale spassoso rito (causa chiusura anno accedemico), ma sfortunatamente anche per certo l'evolvere degli eventi in tragico epilogo: la festa di fine anno.
All'attonita bloggeuse e ai suoi compagni è stato infatti allungato un reperto dattiloscritto riportante il testo di un noto motivo giapponese* (nella versione enfant, per niente prodige), che verrà cantato in una pubblica esibizione coristica il giorno prestabilito.
Sicuramente non mi si vedrà in camicetta, gonna plissée e calzini scesi a metà polpaccio su delle sneakers à la jeune japonaise. Quel che temo, piuttosto, sarà la tipica paresi zecchiniana...
Commovente, è commovente, comunque. Parla di un vecchio orologio pieno di ricordi, ora fermo: l'ideale forse sarebbe cantarla nell'aula 15, dove gli studenti hanno appeso ben tre manufatti d'orologeria fermi sull'orario di uscita?

* link impavido (ridi ridi che la mamma ha fatto il sushi):ooki na furu tokei



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