venerdì, settembre 26, 2003


Mahalà
Dall'altura ferroviaria le case appaiono, come su un plastico, mozze a livello del soffitto e offrono alla vista nugoli di persone attorno a bidoni in fiamme che colorano le pareti nude di arredi luminescenti. Una bambina corre in un rivolo di fango all'angolo di una strada che porta il nome di Frumoasa, mi sale alle labbra una smorfia di sorriso, penso, frumoasa in romeno vuol dire bella.
Poco più avanti arrivano gli enormi monoliti grigi e fatiscenti, non così diversi dagli obbrobri dei nostri sobborghi, solo più enormi più monolitici più fatiscenti, e Martha cerca il mio sguardo per dirmi: in places like that in America - if you dare to go, they shoot you as they see you. Carica indice e medio, me li punta addosso e ride, lovely. Io sono troppo concentrata per darle veramente retta: sto cercando di distinguere, fra ciò che m'ha indicato l'italiano, un carcere da un'abitazione; per un momento, le recenti evasioni milanesi mi fanno valutare come indiziarie le lenzuola che scendono da un paio di finestre, poi ripiego sull'inoppugnabile filo spinato di cui l'altro edificio è adorno.
La periferia di Bucarest, mi dicono, non è davvero periferia, perchè non esisterebbe propriamente un centro se non individuandolo nel discusso Centru Civic voluto da Ceaušescu.
Lo dicono la mia guida, mucchio di carta inaffidabile, e l'altra guida, il signore al mio fianco, che nonostante si senta irragionevolmente responsabile nei miei confronti per tutta quella desolazione, non si fa scrupolo di abbozzare un "più o meno" quando mi volto dal finestrino terrea per supplicarlo: "non è tutta così..?"

L'amico milanese, l'insegnante bulgara, il genovese conosciuto a Sofia e questo stesso signore si prodigano per non escludere dalla conversazione alcuna delle sventure che in questa città ci potrebbero malcapitare; la Rough Guide consiglia addirittura di fermarcisi il minimo indispensabile e partire immediatamente alla volta della Transilvania o della Bucovina.
Se per una divinità non fosse troppo imperscrutabile o insensato o inutile (ripensandoci, potrebbero essere delle prerogative divine), sospetterei un disegno metafisicamente perverso nel convergere di tutte queste opinioni verso un'unica saggia conclusione: segregarci in una stanza d'albergo in cui spendere i due giorni che restano, nutrendoci di gogoši barando sulla colazione, immusoniti davanti ai campionati di atletica - perchè quando siamo all'estero ci sono sempre dei campionati di atletica e quello sportivo è sempre l'unico canale funzionante.
Per pagare la camera abbiamo bisogno di prelevare e ci trasciniamo a uno sportello che a causa del cambio, dopo un'allucinante sequenza di borborigmi bancomatici ci consegna una mazzetta di lei di volume spropositato; mentre salto sul portafogli per cercare di chiuderlo e a. mi copre, la macchina emmette un gridolino di soddisfazione ed erutta lo scontrino: non se accorgendomene prima avrei avuto abbastanza sangue freddo da fare un prelievo a una Transylvania Bank.
Eppure io non cedo. Mi disturba assecondare i preconcetti altrui o semplicemente attribuirmi giudizi non miei, accettarli a priori. Anche avendo la coscienza di badare in qualche modo alle raccomandazioni, di entrare con cautela in strade fantasma e di non aspettare fascinazioni facili, voglio appropriarmi di ciò che serve perchè l'amore o l'avversione verso questa città siano una mia personale affermazione.


Io ti sento Cani che abbaiano, cani che guaiscono, cani che uggiolano, cani che riversano tutto un vocabolario in un rullare d'abbandono, di fame, di rabbia; le gomme lisce, le marmitte delle Dacia trascinate sull'asfalto ("viva gli sposi! ma usano tutti le lattine just married attaccate alla macchina??"). Il suono della sera a Bucarest. Nelle vie vicino alla Dambovitza l'asfalto è un susseguirsi di ristagni d'acqua che s'attacca alle suole e crepe che rendono incerto - quando non infermo - il passo e ti portano cinicamente a chiederti dove diavolo sarà stato l'epicentro.

Ma io ho letto Cärtärescu, che scrive di vicoli luridi in cui fluisce l'infanzia inzaccherata di giochi di elettrizzante terrore, fra canali di scolo in cui si specchiano quegli squarci di cielo, ancor più vividi nella cornice di cemento, a cui alzare un dito dopo una narrazione senza fiato, stregati di infinito.
Maledetto, un suo racconto vela il suo mistero in questo Museo Grigori Antipa e pone la motivazione sufficiente a visitarlo. Eppure dovrei sapere che tutti i musei di Stori Naturale hanno qualcosa in comune che differisce solo nella lingua usata per le didascalie e in tutte le lingue mi inorridisce, la descrizione di una natura morta, gli animali impagliati: se amavo il museo di Milano quand'ero bambina era unicamente per un fossile appeso al soffitto, una (nei miei ricordi) enorme balena fragile e leggera sospesa in volo.

[scrive] Tolse il grande Baltrušaitis dal suo cofanetto di cartone e lesse la dedica: "A Gina, con amore, perchè si ricordi che, sotto il rococò osceno del nostro mondo e della nostra carne, le nostre ossa sono gotiche e il nostro spirito è gotico"

Le ossa di Bucarest si scorgono sotto le ferite aperte di vari scempi urbanistici, il loro biancore indecente è il memento di un incanto segreto. Nei viali afflitti da megalomanie architettoniche la bellezza trova rifugio in angoli inaspettati, incastrata fra le viuzze fetide dissestate regno dei traficantzi sonnacchiosi e i bulevard di negozi occidentali pieni di mercanzie ma raramente di clientela; la si urta per sbaglio in ardesie e cancellate di ferro elaborate, nelle dimore eccentriche o nelle costruzioni tradizionali: mi conquistano quei tetti aguzzi, le pendenze ardite, l'architettura spigolosa e ricercata, a tratti severa che nasconde tinte sfarzose immerse in un'aria scura.


Amandoti (sedicente cover soundtrack)
Abituati alla scala delle cartine bulgare, coinvolgo a. in un pellegrinaggio alla ricerca del tanto decantato Villaggio-Museo, un'area in cui sono state trasportate abitazioni contadine antiche da tutte le regioni della Romania.
Camminiamo per ore: sorpassiamo i cantieri aeterni e i romantici giardini Cišmigiu, la zona ministeriale, i palazzi con segni di proiettile mai rimossi, almanacchiamo casinò e casinò e casinò volgari, la caratteristica pavimentazione a crateri, guadiamo il fiume di automobili di piatza Victoriei e percorriamo l'ultimo tratto dei viali alberati ombrosi del nord, facendoci coraggio come possiamo Sei proprio tu John Wayne? E io chi sarei? perchè ci rendiamo conto di rischiare la morte per inedia o disidratazione o anche mera solitudine: non si trova un bar e neanche una misera fontanella e l'unico essere umano che incontriamo è un soldato dell'ambasciata americana a cui a. minaccia di farmi chiedere asilo per ottenere una razione di sopravvivenza. Il Villaggio-Museo si rivela una delusione perchè l'effetto complessivo, pur essendo tutte costruzioni originali, è una overdose di kitsch da miniatura. Ma lungo questi bulevard fino al parco Herastrau, Bucarest parla dolcemente di nostalgia e io le rispondo biascicando una strofa di canzone impostando un accento da Boulevard Saint-Germain.

Amarti m'affatica
mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
a ridere nel pianto
Amarti m'affatica
mi da' malinconia
Che vuoi farci è la vita
E' la vita, la mia

L'ultima sera ceniamo alla locanda. Ho letto che a volte qui si canta la doina, che m'aspetto languida e commovente come un fado. Dopo qualche pezzo mi faccio una pessima opinione della tradizione musicale romena, ma poi parte una melodia nota e capisco che stanno suonando Gigi d'Alessio (sic). Rinuncio all'ascolto e cerco di farmi amico il menu.
All'arrivo della cameriera mi faccio forza e tento la frase in lingua. Lei mi risponde: "Parla romeno!" E io, confusa: "No, no, solo qualche parola" "Ah. Pensavo. Perchè ha pronunciato molto bene, sa? Comunque quello non c'è. E neanche questo. E questo. E quest'altro." E io confusissima: "Er--Thank you"

Ah signora! avrei affrontato tutto il viaggio anche solo per avere in premio questo riconoscimento delle mie due assurde settimane di studio. Peccato che le avessi chiesto semplicemente se avevano la macedonia.

posted by frammento at 11:19  0 commenti