lunedì, settembre 08, 2003

“Li conosco questi libri, i miei libri, dentro e fuori. Non di rado rifiuto di venderli solo perché non mi piacciono il viso o le mani di qualcuno. Riprendo il libro, scusandomi, e dico che non è in vendita. […]
Ma a certi librai non importa niente. Purchè i soldi passino dalle loro mani, venderebbero a chiunque. Questo io non posso farlo, e non lo far? mai.
Come potrei perdonarmi di avere venduto un libro a una persona che non mi piaceva?
[…]
Una cosa è universalmente nota sui librai: tra tutti, siamo i lagnosi più instancabili. Oltre, naturalmente, al fatto che siamo tutti un po’ strambi, incapaci di fare altro che vendere libri.
Ma chiedo, a questo punto: che altro c’è che valga la pena fare? Esiste un mestiere diverso, al di sopra e al di là del vendere e comprare libri? Scrivere forse? Spesso penso che tutti noi vorremmo fare gli scrittori, in fondo. Ma forse no.”

L.E. Usher, Miss

Quando decido di donare libri, in genere, non faccio errori. Ma venderli è un’altra faccenda. Solitamente se regalo un libro è a qualcuno a cui tengo o conosco bene, così come solitamente se regalo un libro è uno di quelli a cui tengo o conosco bene. Sceglierlo è un segno d’affetto: ma tante volte mi è difficile distinguere se sia affetto per il destinatario, o per il libro stesso. Non so se sarei capace di vendere quel che amo.
Dopotutto anch’io non potrei perdonarmi di avere venduto un libro a chi non mi piaceva: a volte non mi perdono neanche di avergliene semplicemente parlato.

Ma chiedo, a questo punto, soprattutto a questo punto - quando una giornata votata alla pioggia mi fa credere che sarebbe ora di sciacquare via tante parole: che altro c’è che varrebbe la pena fare, per me?

posted by frammento at 14:40  0 commenti