lunedì, agosto 11, 2003

E' noto come io senza di lei in questo luogo mi senta perduta. Lei (non è uno di quegli scritti che hanno il loro climax nella rivelazione finale del fantasmatico e insospettabile pronominare) è una persona, carne e ossa del mio quotidiano. E quando non c'è, qui mi sento perduta.
C'è da dire che ad aggravare la situazione s'è aggiunto un cocente senso di colpa per la mia svogliatezza sociale: incrociando un'amica che non vedevo da tempo ho abbassato la testa e ho imbastito un chiacchiericcio diversivo con mio padre per avere l'alibi della distrazione nel caso mi avesse avvistata. Non che sia un evento raro per me, sono pochi gli incontri fortuiti con persone del passato che, se intravisti, lascio accadere. L'evento è che non sia corsa a nascondermi, spalle al muro e fiato corto, dietro un qualunque ammennicolo urbanistico - non ce n'era, probabilmente erano scomparsi dalle strade boccheggianti insieme all'ombra meridiana.
Potrebbe essere un atteggiamento peculiare per chi come me attinge in genere con voluttà al passato in forma di ricordo. Ad essere sincera però sento di poter insinuare che in qualche modo più o meno cosciente è per via di questa indulgenza verso la nostalgia che in solo in casi particolarissimi sono riuscita ad accettare l'irruzione del passato nel presente.
In questa occasione mi sono sentita fatalisticamente meschina perchè la persona in questione non era né è mai stata una presenza odiosa o ansiogena e anzi in un dato periodo, insieme all'altra che adesso è altrove, mi ha fatto riscoprire quanto possano essere confortanti e dare sollievo e leggerezza e calore le amicizie femminili.
Quella che è partita, è la persona con cui tutti ritengono di avere un rapporto esclusivo, magico, intenso, senza realizzare che speciale è lei soltanto; io non mi illudo che lo sia il nostro rapporto perchè sarebbe una speranza di cattivo auspicio e del tutto fuori luogo: siamo complici di (per altri) inammissibili idiosincrasie. So che c'è un affetto ind(ec)idible e tanto basta - e tanto voglio che basti. Mi è piaciuto incontrarla anche in un città straniera per me tanto importante, mi è piaciuta la città straniera se possibile ancora maggiormente perchè vi ho visto anche lei, che è una persona importante.
Abbiamo condiviso alcuni addii e di questi nessuno ha risparmiato rimproveri per la puntuale scomparsa di ogni contatto, pratica a cui entrambe ci lasciamo ineluttabilmente andare; ma escluso chi ha sviluppato per me un attaccamento insano (a pensarci adesso mi sembra di non aver mai trovato vie di mezzo fra attaccamenti insani e sodalizi puramente tabagisti), il tradimento è stato imputato più facilmente a lei, perchè era più legittimo "pretendere" affiatamento, confidenza, affinità e in definitiva, prospettive d'affetto (so di essere disincentivante).
Ma complicemente proprio stentiamo a trattenere il filo che ci lega alle persone una volta che s'è spezzato: in apparenza è una lenta dissolvenza, un infinito fatto di infiniti segmenti di separazione; invece è il momento stesso del saluto ad applicare una cesura netta, spesso non importa neanche quanto sanguinante.
Nel mio caso poi, sarà rilevante il fatto che in realtà ogni volta che parlo mi sembra di dire addio?
(devo chiedere un parere al dr freudment)

posted by frammento at 06:59  0 commenti