giovedì, giugno 05, 2003

Ieri ultimo giorno di corso. Per non essere sopraffatti da transfert latitudinale da aula torrida (munirsi di machete per farsi strada fra mangrovie e palmizi, appoggiarsi al banco con le braccia sudate e ivi, ad ogni accenno di movimento, sguisciare, sognando una zanzariera e un grog) l'unico rimedio disponibile era spalancare la finestra sull'esuberanza acustica urbana.
Essendo una lezione di riepilogo è stata serenamente boicottata dai più. Eravamo solo sette e l'insegnante ha deciso di farci sedere in circolo così da essere abbastanza vicini da non dover urlare - urlare in giapponese ha quel tanto di marziale che avrebbe guastato l'arrischiata atmosfera di familiarità. Così ci siamo ritrovati seduti come ad una riunione di AA (credo stia per "Anacolutisti Anastrofici", visti i ribaltamenti concettuali cui costringe la suddetta lingua), a conversare su una scheda personale prontamente compilata.
Saranno stati il grog, l'immedesimazione con la situation AA (credo stia per "Assertori Afasici" - visti i risultati claudicanti) o l'essere in cerchio reattivi come dei monoliti, ma quando sono arrivata all'ultima riga da compilare, bianca del bianco "scrivete quello che volete", volevo dire una verità. Niente di trascendente (pur nel mio stato monolitico), solo costruire una frase corretta, misurata, regolare, che soddisfacesse la mia urgenza di esternazione sono stanca, mi opprime il turbamento, la distrazione che àncora a terra a un pantano di incompletezze, una mistione di iperboli mutile, volevo chiarire che parlavo di me, proprio di me, io.
E poi ho esibito una frase irritantemente asettica. Non riuscivo a trovare niente di corretto.


posted by frammento at 07:05  0 commenti