martedì, aprile 08, 2003
Il
PAC di Milano ha scelto di inaugurare l'anno espositivo con una mostra su Chen Zhen, artista di Shangai che per spiegare la genesi delle sue opere e il suo modo di vivere, amava utilizzare il termine 'transesperienza' (siete ignobili se immaginate escursioni new age dello spirito, stadi pseudomistici o esperimenti
metasessuali), perchè il termine concentrava in sé la sperimentazione pluralista e la fluida stratificazione di conoscenze accumulate in anni di viaggi, di progetti, di ricerca, di malattia.
I rottami abbandonati reincarnati in oggetti preziosi (e adesso che sto leggendo su
Observatory Mansions i vari lotti della collezione di Francis Orme, sto vivendo una transesperienza), l’acqua ad arginare l’ossessione del tempo, l’interno del corpo umano come oggetto estetico (niente di splatter, puro cristallo) sono
materia corretta spiritualmente da una vissuta mescolanza di Oriente e Occidente; ne ha registrato passaggi, condivisioni, tributi e ne ha puntualizzato, senza considerarli inconciliabili, i contrasti - la cui inconciliabilità è invece spesso assunta come alibi dalla politica internazionale.
E infatti una delle sue opere più famose,
“Tavola Rotonda”, è quasi un biasimo rassegnato all’imperizia etica della diplomazia: due enormi tavoli incastrati su cui varie sedie provenienti dai vari continenti sono montate in modo che non sia possibile sedersi e nel centro, dei caratterici cinesi dicono “Eterno Malinteso”.
Sempre attuale, nella sua semplicità.
posted by frammento at
05:44
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