mercoledì, settembre 25, 2002


son partita con grandi progetti di viaggio ['e poi voglio vedere le gole di yecla, la sierra de guadarrama, il guggenheim di bilbao e i picos de europa ']
non riesco mai a rendermi ben conto, prima di partire, che ci sono limiti di tempo e che ti devi trovare da dormire e devi calcolare che i treni non partono esattamente all'ora che decidi potrebbe andarti bene ['voglio vedere fontane nei patii, archi e volte stile mudéjar, antiche capitali cattedrali di muffa']
soprattutto non mi capacito mai di quanto sia ingiusto non poter vincere al superenalotto perchè son troppe le possibilità e figurati se proprio io, e poi non gioco nemmeno ['voglio vedere accendersi le luci dietro le finestre bordate di ferro battuto, voglio un gazpacho di marias almodovar garcia lorca goya gimenez-bartlett vasquez montalban mendoza, voglio andare su alle rivas altas, dove l'oceano scava dei fiordi e il portoghese si insinua contamina lo spagnolo del nord ']
pensavo: con 'sto fatto che siamo un'europa unita non potrò neanche fare la scenata di aggrapparmi in lacrime alle grate del confine col portogallo, strappandomi i capelli, il corpo scosso da sussulti di saudade


c'è un personaggio nel libro che sto leggendo che si chiede continuamente: "che cosa si può fare? che cosa DEVO FARE?"
me lo sto chiedendo anch'io
ogni volta che torno da una vacanza, che alzo gli occhi da un libro che mi sta risucchiando, che spegno il videoregistratore dopo un film che mi ha toccato
forse me lo chiedo semplicemente SEMPRE


una settimana a madrid, che è una città ricca, una città monumentale, una città scrigno; le pagine di marías erano una scusa più che sufficiente per voler passeggiare fra le sue strade.
il pensiero di una Spagna meno eccessiva, meno accessibile, meno sgargiante.
Madrid è un ospite che offre un pasto sontuoso: lungo il paseo de arte, i tre grandi musei cittadini fagocitano i turisti appassionati e li restituiscono alla strada dopo ore, provati ma sazi.
Cosa c'è dietro quelle finestre, nelle luci accese a sera nella Plaza Mayor?
Madrid è una città che non si dà così facilmente come tante altre, forse il cuore dei madrileni è un schizzo appeso al centro della parete, al riparo delle case, dai colori forti e dalle forme decise come la silhouette dei tori Osbourne nella meseta, come la stessa città che occupa fiera il centro della penisola con un'ora di giallo e ocra e bassi altipiani bruciati a circondarla, come fosse una marea che avanza e si ritrae assecondando l'umore degli abitanti.

c'è un personaggio nel libro che sto leggendo che dice che un pezzo è diverso a seconda di ciò che hai sentito immediatamente prima e suona agli spettatori lo stesso identico pezzo per sei ore intervallando ogni esecuzione con il suono di un tamburo, di qualche aggeggio metallico, di quel che c'è.
che cosa DEVO FARE?? [vorrei davvero cambar vita]


Però era troppo vicino il viaggio in Portogallo; mi feriva quasi un po' la pronuncia spagnola delle 's' e della 'j' ;)


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mercoledì, settembre 11, 2002

Kavafis e le mie metafore.

Siamo usciti dalla mostra di Elliot Erwitt con una pila di cartoline di quelle che non si appendono e tantomeno spediscono, quelle che si tengono in mezzo ai libri o a vagare fra i cassetti, che piace veder sbucare ogni tanto da qualche pagina o piega a ricordare ciò che di essa ti riguarda, in modo discontinuo, nello stesso modo discontinuo in cui a volte ti senti oggetto, soggetto, immagine - come le rassomigli.

Ora come ora, io assomiglio a "Pasadena, 1963"; un cartello che identifica la "Lost Persons Area" sotto al quale si trovano, appunto, le persone 'perse', chi seduto, chi addormentato, chi in piedi sulla panchina a scrutare intorno alla ricerca delle fattezze conosciute di chi si aspetta che lo ritrovi.
Della foto posso dire che è stupenda nel suo bianco&nero, perfetta l'intuizione dell'attimo, della scena che si svolge, perchè si svolge, in un pacato dinamismo. Ma è soprattutto una questione di analogie, e come è facile intuire, e anche troppo, l'analogia è con il modo di stare al mondo di chi guarda.
Un cartello sopra la testa a ufficializzare, se non fosse chiaro, la condizione di persona 'persa', una panchina alla beckett che ospita l'attesa, aspettare qualcuno qualcosa che possa finalmente 'riconoscere', strappare alla perplessità, dare forma a ciò che è turbato, confuso, aspettare qualcuno che sappia impugnare il tempo, leggerne i risvolti scuri, filtrare la grana del possibile, schiantare le necessità
[e io chi sono sulla panchina, la preoccupazione in piedi su un trono di dubbi, un foulard a fasciare i pensieri, la rassegnazione che nutre un neonato sopore, la nevrosi, il dispetto?]




posted by frammento at 15:00  0 commenti  


la televisione sembra essere più "universale" di quanto non sia il dolore in sé.

come non ho voglia di vedere trasmissioni e sentire discorsi ufficiali e subire servizi sui galà commemorativi (qualcuno avrà dovuto pure porsi il problema di scegliere il vestito adatto)!
"11 settembre, per non dimenticare", e chi può dimenticare, chi può dimenticare
è passato un anno e in quest'anno non c'è stato giorno in cui non sia stata pronunciata la frase "perchè dopo l'11 settembre..."

compatisco gli insegnanti che hanno una deontologia professionale che gli imponga una certa imparzialità con gli studenti... certo che potevano far iniziare le scuole qualche giorno più tardi ...:)

posted by frammento at 06:33  0 commenti  

martedì, settembre 03, 2002


UAAARGGGHHHH orrore!!!!!!!!
mi sono accorta adesso, causa una mail e un regalino di compleanno di cui non mi sentivo degna :), che non ho scritto che la poesia 'aspettando i barbari' era di kostandinos kavafis!
giuro che non volevo spacciarla per mia...!!!!!!! aiutooo! e pensare che c'è chi sicuramente mi ha linkato solo perchè gli piaceva quella :))))))

GRAZIE!!

posted by frammento at 09:07  0 commenti  

Che aspettiamo, raccolti nella piazza ?
Oggi arrivano i barbari.
Perché mai tanta inerzia nel Senato ?
E perché i senatori siedono e non fan leggi ?
Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devon fare i senatori ?
Quando verranno le faranno i barbari.
Perché l'imperatore s'è levato
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato ?
Oggi arrivano i barbari.
L'imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l'offerta d'una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.
Perché i nostri due consoli e pretori
sono usciti stamani in toga rossa ?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti ?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei ceselli tutti d'oro e argento ?
Oggi arrivano i barbari,
e questa roba fa impressione ai barbari.
Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre ?
Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.
Perché d'un tratto questo smarrimento
ansioso ? (I volti come si son fatti seri !)
Perché rapidamente e strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi ?
S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.
E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi ?
Era una soluzione, quella gente

Mi piacciono le metafore. Questa è molto ardita, davvero potrebbe essere poco adatta ma mi sento di calzare un sacco di poesie come guanti di sartoria.
Insomma, è il mio compleanno :)


posted by frammento at 00:38  0 commenti  

domenica, settembre 01, 2002





posted by frammento at 03:14  0 commenti