martedì, agosto 27, 2002


Non mi sono ancora bene riabituata qui. Mi piaceva lo zainetto in spalla ogni giorno, i muscoli delle gambe stanchi la sera, mi stavo quasi abituando alla valigia aperta nelle stanze delle pensões, reprimo un "obrigada" ogni volta che mi porgono un caffè.

Porto è popolare, sporca, accogliente, bellissima.
I panni stesi ad asciugare sulle finestre di case strette (che sembrano uomini in riga così attaccati da avere la testa incassata per stringersi nelle spalle, in equilibrio sulla riva) piastrellate ad azulejos un po' cupi, un po' sporchi.
Gradini a volte così alti come nel sogno che ho fatto stanotte: da piangere perchè non si riesce a scendere né a tornare indietro e si rimane lì in bilico con una gamba nel vuoto come quando si puccia il piede per testare l'acqua.
l'avenida dos aliados ("gli aliados") - una specie di rambla dall'aria francese, le immancabili praça da liberdade e praça almeida garrett (cfr note di toponomastica portoghese), il terribile pop portoghese (quasi altrettanto terribile di quello italiano) e la Ribeira, vista sul fiume e sulle cantine di Vila Nova de Gaia, custodi di uno dei più preziosi tesori portoghesi (eheh dicono che quella del '77 sia un'ottima annata).

Coimbra è una città spaccaschiena, come la sua più celebre e ripida salita. Coimbra è l'università, coi suoi studenti insegnanti goliardi, le refeições economicas e pastelarias degne di stomaci pantagruelici; è la città del fado più malinconico e genuino. Coimbra è un gioiello che riluce di un amore secolare struggente, un amore disincantato senza ombra di austerità, ma estremamente fiero: se la nostalgia ha una forma, si modella ogni giorno nell'aria di Coimbra.

Fra coimbra e tomar ci hanno scaricato in un paesino odioso dove c'era un bigliettaio di chiare origini ungheresi (parlava portoghese peggio di gudrun, non risparmiava sulle vocali, ometteva scientificamente)
e poi dopo varie stazioncine dove non c'era neanche il nome del paese - dove non c'era neanche la stazione - abbiamo effettuato il cambio direzione a Lamarosa, un marciapiede polveroso su cui siamo scesi facendo piroettare la colt fuori dalla fondina, e mentre il comitato locale di grilli ci accoglieva col repertorio western di Ennio Morricone, l'abbiamo puntata alla testa di un macchinista che ci ha promesso faccio manovra e arrivo.

a tomar: "ma che bello questo paesino, mi piace proprio, costa poco, è piccolo ma c'è tutto, guarda! anche la piscina e uno stadio, il parco botanico, il castello dei templari, poi un paesaggio, un cielo terso... sì sì mi piace proprio, mi piace..."
Spesso si trasferisce nel dialogo una cantilena come questa per autoconvincersi e per non avere modo di smentirsi, se non altro durante il tempo che ci si mette a pronunciarlo. Infatti il fatto di ripeterlo con sospetta insistenza è un indizio del dramma che sta per consumarsi in due atti. atto1: noia. atto2: atra disperazione.

>> comincio a sentirmi come uno cui il medico abbia prescritto un soggiorno lungo e ricostituente ("in un luogo veramente piatto, dove non c'è assolutamente nulla da fare"). Mai e poi mai mi era capitato di dormire così a lungo e bene. Mai e poi mai mi ero ritrovato a gingillarmi con tanto tempo libero a disposizione. All'improvviso trovavo il tempo per fare ogni genere di cose: sfilare le stringhe dei miei scarponcini e rinfilarle in continuazione fino a quando le due estremità non erano esattamente della stessa lunghezza; riordinare il contenuto del mio portafogli; prendermi cura dei peli del naso; redigere lunghe liste di cose che avrei fatto se solo avessi avuto qualcosa da fare << byll bryson da "una città o l'altra"

Cosa degna di nota, però, che dalla distanza mi riempie di orgoglio per questo evento unico & irrepetibile: quel pomeriggio ho rischiato la vita avendo riempito di lacrime una cabina telefonica a chiusura ermetica (mi son liberata strappando il cavo della cornetta a morsi, caro assistente: houdini non aveva i miei canini), ma ho telefonato.
Diomio ho proprio telefonato! a circa un centinaio di pensões, e - in portoghese! Uno ha anche riso di gusto, ma io sono andata avanti come un carro armato! Sulla cabina, ovviamente.

Lisbona è nei sogni di chi ha amato Pessoa, e perchè no? dato che siamo italiani, anche Tabucchi. E' una città di partenze e di ricostruzioni, protesa versa l'oceano e le scoperte, ha lo spirito di un decadentisimo recente, raffinato ma non élitario.
Il terremoto del 1755 ha segnato l'anima della città, ha fatto tabula rasa del suo passato più remoto: lo scheletro marmoreo della Igreja do Carmo, si erge dai miradouros nei vari punti della città a testimoniare che non viviamo "nel migliore dei mondi possibili":
è paradossale, o forse no, Lisbona celebra il suo passato proprio grazie al fatto di non averne praticamente testimonianze tangibili.
Ho visto purtroppo molti storpi, deformi, strade sporche - ciò che noi siamo bravi a nascondere. E ho visto fortunatamente pochi MacDonald's e pochi ArmaniChanelCartier - ciò che noi siamo bravi a ostentare.


posted by frammento at 05:25  0 commenti